E ti capita di pensare

E ti capita di pensare alla tua inutilità di fronte ad un problema, ad un punto, ad un rifiuto, ad un silenzio. E ti capita di pensare a come essere vicino essendo lontano per distanza,. per impossibilità, per richiesta. E ti capita di pensare a come un messaggio può portare un sorriso, può portare un pensiero, può ancora fare riflettere. E ti capita di pensare che essere “fratelli” è con-dividere, è con-patire è con-prendere. E ti capita di pensare che a volte puoi solo pensare, pregare, sperare, a chi e con chi senti vicino, nella distanza. E allora uniamoli questi pensieri, il pensare “bene”, il pensare “positivo” può solo portare al bene, al positivo. Smettiamola di avere paura a dire “ci sono”, conta su di me, ti sono vicino, ti sono amico, ti sono fratello. Smettiamola anche, però, di aver paura a tendere la mano per dare ma soprattutto per chiedere, di sentirci in difetto a domandare aiuto, di aver paura a farci vedere deboli. Siamo uomini, siamo amici, siamo fratelli… Niente grazie, niente prego….insieme per quanto possibile, per quanto possiamo, per quello che siamo….
Silenzi e parole

Ci son silenzi che assordano e altri che urlano, silenzi che non ti spieghi ed altri che ti aspetti, silenzi da paura, silenzi da rifiuto. Silenzi… ricercati nel caos, non voluti nel bisogno…quando una parola, quella parola, di quella persona o detta in un determinato modo ti cambierebbe non solo la giornata ma magari “la vita”. Una mail, un messaggio, un “EHI…CI SONO”, un “HAI BISOGNO?” Un “CHIAMAMI A QUALSIASI ORA” possono rappresentare il tesoro più grande. E poi ci sono le attese, spesso disilluse…quando, come diceva Confucio, la mano che cerchi nel momento del bisogno è solo quella che trovi alla fine del tuo braccio…. E continui ad illuderti… aspettando QUEL GESTO e QUELLA PAROLA… che non arriva da chi ti aspetti ma da chi magari avevi tu dimenticato… e se felice…e triste… euforico…e “depresso”. Ecco… il poter delle parole…perché la stessa cosa detta da chi “non ti aspetti” non ha lo stesso potere di quella uguale che avrebbe potuto dirti “chi ti aspetti”? Perché non sappiamo gioire di quello che c’è e cerchiamo, vogliamo sempre “altro” o…da qualcun altro? E allora: “Vivi ogni giorno come se fosse ogni giorno. Né il primo né l’ultimo. L’unico.”. Pablo Neruda
Quel senso di inquietudine

E poi ti assale quel senso di inquietudine: umore grigio come il cielo di questa giornata d’ottobre e anima umida come nebbiolina leggera. Impotente di fronte a scelte incomprensibili resti tra l’accettare, l’incazzarti, l’andartene o l’attendere. Stanco di parole al vento e di promesse non mantenute per paura od orgoglio. Stanco d’attendere un “proviamoci” al posto di un forse. Stanco di pensare per due, trovandosi di fronte ad un uno. Chiaro il percorso nella mente, chiaro l’obiettivo e le eventuali rinunce, oscuro il capire se quanto credi è recepito da chi non dovrebbe nemmeno chiederti le priorità. Ed una malinconia s’insinua nelle vene… lasciandoti come dopo un pianto senza lacrime
Pensieri di prima mattina

Passano diversamente uguali questi ultimi giorni, scanditi da notizie e da orari, da sorrisi e affaticamenti. Si perdono le date e i riferimenti, cercando la luce in fondo al tunnel, avvicinandosi ad essa, con la paura di ostacoli imprevisti. Preghiera, fede, comunione, bene comune, speranza, pensieri positivi, dita incrociate… attendendo una data, un pronunciarsi che arriverà quando non te lo aspetti. Lotto, lotta, lottiamo ogni momento…piú dura è la prova, piú grande sará la gioia una volta superata.
Nel momento del bisogno…

E’ proprio nel momento del bisogno che scopri parecchie cose… Porte che avresti pensato sprangate che “miracolosamente” si aprono, porte che credevi aperte che “inspiegabilmente” rimangono chiuse. Voci lontane che sentivi vicine che tacciono, voci vicine che sentivi lontane che gridano. Persone con cui non prenderesti nemmeno un caffè che “ti offrono il pranzo, persone da cui ti aspetteresti “anche il letto” che nemmeno ti passano lo zucchero. Ed è così, è la vita… Forse c’è chi non vuole interferire col tuo dolore e chi poi interviene troppo; forse c’è chi “nemmeno due righe” perchè non “si vuole esporre”; forse c’è chi da troppo a nulla e chi da nulla troppo… E pensi, rifletti, resti indeciso se cambiare le priorità che hai dato, il tempo che hai perso, la fiducia donata… ma poi dici chissenefrega, ognuno in fondo si dimostra per quello che è e che ha, pure io con questo sfogo non sfogo, con questa riflessione inutile… Continuerò a crederci nelle persone, anche se forse è il momento di aspettare di ricevere, prima di dare…
Perpetue domande

Raccolgo momenti, incornicio attimi ricercando il “chi sono”, spesso e ancora senza risposte
“ode al silenzio”

C’è il silenzio dopo parole arrabbiate,c’è il silenzio dei pensieri, c’è il silenzio degli innamorati, c’è il silenzio dell’abbandono, c’è il silenzio della neve che cade, c’è il silenzio della notte e quello della morte. C’è il silenzio della lontananza, c’è il silenzio del dubbio, c’è il silenzio dell’ignoranza, c’è il silenzio del “deserto”, c’è il silenzio della preghiera, c’è il silenzio dell’anima, il silenzio voluto, il silenzio dovuto, quello cercato, quello imposto. E poi c’è il silenzio da ascoltare, quello che urla, quello che avvolge, quello che adombra, spera, grida, quello che ti fa sorridere, piangere, sperare… Silenzio… chi lo ama… chi lo odia… chi lo cerca… chi lo evita… Shhhhhhhhhhhhh…. silenzio….
Appello

Chiedo cortesemente a chiunque abbia letto Fotografie di Pensieri e non l’abbia ancora fatta a pubblicare una propria recensione sul sito dell’editore a questo indirizzo “http://ww7.photocity.it/Vetrina/DettaglioOpera.aspx?versione=7761&formato=6539“. (stessa cosa si puo’ fare per Haiku a questo indirizzo http://ww7.photocity.it/Vetrina/DettaglioOpera.aspx?versione=15146 – ma in questo caso ne servono molte di piu’ di 6) Al momento ho 5 recensioni, se dovessi superare le 11 avrei pubblcita’ nei libri piu’ recensiti. Grazie Brazir
Avanzo

Agito pensieri, lungo sentieri sconosciuti: sporcando le vesti di fango avanzo verso l’ignonto, sentendomi uomo.
Haiku

umida nebbia riporta alla mente tristi pensieri
Presentazione del libro Haiku

PARROCCHIA S. MARIA LIBERATRICE MILANO Salone parrocchiale GXIII Via Cuore Immacolato di Maria 20141 Milano ———————————————– Sabato 03 Dicembre ore 17.00 Domenica 04 Dicembre ore 11.15 Presentazione del libro Haiku di Brazir – F. Bombelli “Personalmente amo molto “giocare” con le parole, c’è un fascino, un potere in esse che trascende da quello che è il mero significato… accostate fra loro assumono sfumature inusuali, offrono visioni altre, come giustamente dice Brazir possono divenire flash, aprire visioni diverse. L’haiku è uno dei modi in cui si può “giocare”, non è certo un gioco semplice, molte regole rischiano di ingabbiare il pensiero, la libera espressione delle proprie sensazioni e riuscire in sole 17 sillabe ad esprimere un’emozione è un’impresa che non fa per me, non ci riuscirei mai. L’haiku richiede stilisticamente una buona, per non dire di più, capacità di sintesi ma richiede in primo luogo, per essere composto, la capacità di guardare oltre, di vedere al di là delle convenzioni, di sentire col cuore prima che conla mente. Ho letto sprazzi del cuore di Brazir in questi haiku” – Prof. Claudia Poli. ———————————————– “Anche io voglio sostenere nel mio piccolo la ristrutturazione dell’oratorio. Ho raccolto in questo libricino gli Haiku gia’ pubblicati in Fotografie di Pensieri (2008) aggiungendone alcuni scritti nei 2 anni successivi. Il costo di Haiku e’ di 8 Euro + s.s. e per ogni copia venduta circa 3 euro verranno da me donati all’iniziativa. Avevo un sogno nel cuore ed e’ diventato Fotografie di Pensieri, ora vorrei che il mio sogno (o parte di esso) possa aiutare a realizzare il sogno di tanti cuori, presenti e futuri” – Brazir F. Bombelli Contestualmente verrà proposta anche una Personale di Matteo Colombini Seguira’ rinfresco. Vi Aspettiamo Numerosi Scarica la locandina dell’evento!
Preoccupazione emozionale

Si legge e si sente in giro grande “preoccupazione” per il discorso sul nucleare dopo quello che è successo in Giappone. Per carità, ognuno è libero di pensare e anche di non pensare. Però vorrei fare qualche riflesione che vada “oltre” la “preoccupazione emozionale”. Come già detto non penso che i Giapponesi siano così “stupidi” di costruire 53 centrali nucleari (non 3… ma 53) sul suo territorio (altamente sismico e non molto più grande dell’Italia) senza prendere le dovute precauzioni. E’ ovvio e sotto gli occhi di tutti che il sisma giapponese è un evento fuori dal comune e che sicuramente ha creato danni speriamo “riparabili” ad una delle su centrali. E’ ovvio e sotto gli occhi di tutti che la centrale non ha retto all’urto del sisma e che ora “c’è” paura. Non lo nego ma non dico che “se lo sono meritato” o, come ho letto in giro, hanno voluto il nucleare e ora “fatti loro” e fortuna che “sono lontani”. Penso invece sinceramente che “bisogna guardare oltre” o, forse indietro. Già, indietro… e poi manco di tanto. Un annetto, anche meno. Nessuno si ricorda ORA cosa è successo nel golfo del Messico? Ma si, abbiamo la memoria corta… Eppure c’è stata una catastrofe ambientale e non solo di cui si è già smesso di parlare, è stato “Messo il tappo”, operazione finita! Ma tutto quel “mare di petrolio” nell’oceano, sappiamo che danni ha causato? Se e come si è sparso nel mondo, se e come “ci tocca”? E dei morti negli anni (o secoli) nelle miniere di carbone? Già, ma il “nucleare” fa paura… e allora SI ALL’ENERGIA PULITA, per esempio quella idrica…. ma nessuno si ricorda del Vajont? Secondo me va inteso chiaramente e distintamente il RISCHIO EFFETTIVO dalla PERCEZIONE DEL RISCHIO. Ora la percezione del rischio è alta, perchè è appena successo, perchè l’idea di energia atomica è ancora legata alle bombe nucleari, perchè forse è una energia “complicata” che si conosce poco… Però dobbiamo metterci in testa che il petrolio più o meno a breve finirà e allora “che faremo”? Abbiamo paura dei morti che POTREBBERO esserci per il nucleare ma non parliamo mai di quanti morti all’anno ci sono per le polveri PM10. Ora non voglio assolutamente dire che il nucleare è sicuro ma che, forse, nessuna fonte alla fine lo è (direttamente o indirettamente), e poi abbiamo centrali in Francia, Svizzera e Germania e quella energia la compriamo (per esempio dalla Francia). Altri discorsi sono sulla gestione delle scorie, perchè “se non riusciamo a tenere pulita Napoli, che ne faremo delle scorie”? Ma qui forse non è anche “colpa nostra”? Che non siamo capaci di fare valere i nostri diritti e non adempiamo ai nostri doveri? O che comunque e quantunque ci fidiamo e diamo potere a chi “non fa le cose per nostro interesse”? Sapete benissimo che non mi piace parlare di politica e non vogliatemene, vorrei non aprire questo discorso in termini politici, ma solo vorrei lasciare una riflessione “distaccata” da ciò che sta succedendo nel paese del sol levante, poi ben vengano le discussioni su “nucleare si o nucleare no” ma esclusivamente in termini di problemi reali e oggettivi e non su quello che potrebbe succedere, perchè allora – scusatemi tanto – non dovremmo più usare la macchina (ha un serbatoio che puo infiammarsi o, in alcuni casi, sono addirittura A GAS) perchè quanti morti ci sono al giorno sulle strade? Nemmeno usare le bombole del gas in casa e nemmeno il gas “nei tubi” e, forse, non andrebbero bene nemmeno le stufe a legna… non si sa mai… un tizzone…potrebbe dare fuoco a tutto!!!! Per non parlare dei disastri aerei o navali…. insomma…il “rischio” c’è sempre, anche di cadere e sbattere la testa…
uno cinque zero

Ricordiamoci sempre di essere Italiani e non solo ogni quattro anni… Ricordiamoci sempre che la nostra forza sta anche nella nostra diversità Ricordiamoci sempre che c’è chi ha versato sudore e sangue per renderci Nazione e per fare in modo che questa restasse unita, contro il terrorismo, le mafie, che pensano che “divisi è meglio”. Ricordiamoci sempre che abbiamo tanti dialetti ma una sola lingua. Ricordiamoci sempre che la nostra amata Italia è la nazione col maggior numero di siti inclusi nel patrimonio dell’umanità. Ricordiamoci sempre che il VA PENSIERO non è un inno padano ma un patrimonio mondiale. Ricordiamoci di vivere da italiani e non solo ricordarcene in giorni come oggi.
Si rincomincia

E si rincomincia, dopo esattamente 45 giorni torno in ufficio ma non nell’ufficio dal quale ci siamo “visti” negli ultimi 3 anni. Già so che sarò vicino ai 2 capetti, che il lavoro sarà più frentico, ma che sarò più vicino a casa, che la moto non avrà un posto al coperto, che il caffè sarà quello delle macchinette, che (conoscendomi) torneranno i mal di stomaco e i mal di testa, che non potrò controllarmi le mail, che tutto sarà più controlato, che (forse) avrò più vita sociale…. Lo ammetto, un po’ di delusione c’è… ma cerco di non fermarmi alle apparenze e di andare con lo spirito di chi cerca sempre qualcosa di positivo. Un ringraziamento particolare a chi si è ricordato e mi ha fatto gli in bocca al lupo…. It’s Time!
Senza capire

Confuso, resto senza parole; indeciso, tra l’essere usato e il menefreghismo, lascio cadere i pensieri, aspettandomi il nulla da chi non vede altro che se stesso. Tornero ad essere nessuno, esasperando quel che sono, mordendo il freno, ascoltando senza rispondere, rispondendo senza pensare, immaginando ciò che sarebbe stato, giocando semplicemente ancora, nascondendomi.
Il mio nuovo “mezzo” libro: Haiku

Anche io voglio sostenere nel mio piccolo la ristrutturazione dell’oratorio della parrocchia che frequento. Al momento e’ stata completata ma non ancora finita di pagare la ristruttirazione della sala polifunzionale (ex cinemateatro) GXXII. Ma i sogni sono “grandi” e per finire “tutto il progetto” mancano ancora da rifare i campi sportivi e l’abbattimento e ricostruzione della palazzina dell’oratorio. Inutile snocciolare qui le cifre. Posso invece dirvi cosa ho pensato di fare per aiutare la raccolta fondi, anzi… ve lo faccio vedere: Ho raccolto in questo “libricino” gli Haiku gia’ pubblicati in Fotografie di Pensieri aggiungendone alcuni altri scritti nei 2 anni dall’uscita di F.d.P. Il costo di ogni libro è di 8 Euro + spese di spedizione. per ogni vendita circa 3 euro verranno donate all’iniziativa. Avevo un sogno nel cuore ed è diventato Fotogradie di Pensieri, ora vorrei che il mio sogno(o parte di esso) possa aiutare a realizzare il sogno di tanti cuori, presenti e futuri. Per ordinare il libro, cliccare sulla copertina o cliccare —>QUI<—- Chiedo cortesemente a chi acquisterà il libro “solo” per questa finalità di avvisarmi via mail in modo da poter avere un conteggio aggiornato. Grazie
Atto di coraggio

Ed era ancora li, a guardare quel foglio bianco. Ricordava quando da bambina fingeva di leggere tutto quello che si voleva sentire dire, poi crescendo iniziò a scrivere un diario, pensieri, poesia. Diario segreto, di cui tutti però avevano la chiave. Sogni e speranze s’alternavano in quel diario, pezzi di giornale, una vita che voleva vivere. Poi passarono gli anni e i sogni furono delusioni, le speranze s’infransero, quella bambina sognante e quella ragazza speranzosa divennero una donna senza più voglia di pensare ad un domani: marito, figli, lavoro, giornate da dover far passare tutte così identicamente diverse nel loro ripetersi, senza voglia di un futuro, senza ricerca di qualcosa di diverso, prigioniera di un ruolo che non voleva e da un finto perbenismo borghese, dove tutto era già stabilito per il quieto vivere. Tremava la mano che teneva quel foglio, cercando le parole giuste per esprimere quello che aveva dentro: “Non fui, non sono e forse mai sarò.” Lasciò il foglio sul tavolo, usci’ di casa senza voltarsi indietro, arrivando fino al prato fece un salto, spiegò le ali e volò via.
La mano di Fatima – Ildefonso Falcones

Nei villaggi delle Alpujarras è esploso il grido della ribellione. Stanchi di ingiustizie e umiliazioni, i moriscos si battono contro i cristiani che li hanno costretti alla conversione. È il 1568. Tra i rivoltosi musulmani spicca un ragazzo di quattordici anni dagli occhi incredibilmente azzurri. Il suo nome è Hernando. Nato da un vile atto di brutalità – la madre morisca fu stuprata da un prete cristiano –, il giovane dal sangue misto subisce il rifiuto della sua gente. La rivolta è la sua occasione di riscatto: grazie alla sua generosità e al coraggio, conquista la stima di compagni più o meno potenti. Ma c’è anche chi, mosso dall’invidia, trama contro di lui. E quando nell’inferno degli scontri conosce Fatima, una ragazzina dagli immensi occhi neri a mandorla che porta un neonato in braccio, deve fare di tutto per impedire al patrigno di sottrargliela. Inizia così la lunga storia d’amore tra Fatima ed Hernando, un amore ostacolato da mille traversie e scandito da un continuo perdersi e ritrovarsi. Ma con l’immagine della mamma bambina impressa nella memoria, Hernando continuerà a lottare per il proprio destino e quello del suo popolo. Anche quando si affaccerà nella sua vita la giovane cattolica Isabel… Un gran bel libro! Non ho letto la cattefrale del male, quindi per me autore “sconosciuto” anche se non di nome. Romanzo storico, ma che fa riflettere sull’integrazione tra 2 culture diverse. Una storia d’amore ma anche storia di una vita, di un popolo, di un regno… Tante pagine che scorrono veloci… colpi di scena, donne, descrizione di crudeltà e amore sublimi. Ricordi… pensieri… fatti… momento storico forse poco conosciuto ma decisivo nella storia spagnola e europea. Un libro da consigliare e da leggere, sotto molti punti di vista.
Pensieri ascoltando Baglioni

Gomitolo aggrovigliato l’amore; preso nell’insieme dona morbidezza, a districarlo non basta una vita. In questa partita senza fine, “mai piu’ come te”: meglio perdere amando che vincere senza avere amato. Alzo lo sguardo al cielo, cercando la stessa stella, lo stesso orizzonte. sentendoti ancora accarezzarmi il cuore.
Senza senso

Sensa senso e senza direzione. Potrei definire cosi’ la mia permanenza qui. Cerco di donare pensieri, emozioni, sorrisi, magari anche lacrime: reazioni a quel che sono e quel che scrivo. Contornato spesso da silenzio, come goccia scavo nella roccia del mio essere. Buco nero da cui nasce o muore la voglia del mio vivere. Spazio, vago, gioco con parole, suoni e colori. Creo qualcosa che esiste gia’, solo che non ha materia, irraggingibile dai 5 sensi, e’ irrazionale come forse lo son anche io. Senza direzione e sensa senso, torna la domanda del chi sono e cosa voglio o forse semplicemente vivo.
Alzati e combatti

Alzati e combatti, se ancora ci credi. Alzati e combatti, se vuoi chiarezza. Alzati e combatti, se pensi sia giusto. Alzati e combatti, se ancora pretendi d’esistere. Alzati e combatti per quello che sei, per quello che vuoi, con le tue forze e i tuoi pensieri. Alzati e combatti, agisci, chiedi, urla, pretendi perche’ il silenzio, l’inerzia, semplicemente allontana, rendendo sterile anche il dolore.
I moti dell’anima – seconda edizione

Questo e’ l’attestato di partecipazione al concorso “I MOTI DELL’ANIMA” a cui ho partecipato con 3 poesie: Scrivo per me, Se vuoi essermi amico e Domande dal cuore. Per informazioni sulla serata finale della manifestazione potete leggere qui: positanonews. Io sono stato tra i pochi poeti non presenti e so che e’ stata letta dall’attore “Se vuoi essermi amico”. Il meccanismo della manifestazione prevedeva che ogni autore doveva votare per la composizione che piu’ l’aveva colpito. Gli autori non presenti avevano comunque 1 voto d’ufficio. Io ho ricevuto 3 voti. Non e’ il primo concorso a cui ho partecipato ma e’ il primo che, oltre ai finalisti e ai segnalati, avvisa e rende partecipi anche tutti gli altri. Volevo ringraziare Chao che mi ha segnalato il concorso e l’architetto Maria Rosaria Manzini, curatrice della manifestazione, che mi ha sempre risposto fugando ogni mio dubbio e anzi, ringraziandomi, per le critiche da me esposte. Ora lascio la “parola” a chi la serata l’ha vissuta. “Serata primaverile a pochi metri dal mare; tra i turisti che girano, alcuni si dirigono nei locali del Museo del Viaggio di Positano. Non sono turisti, ma poeti, richiamati dalla manifestazione “I moti dell’Anima”, un’ iniziativa arrivata alla seconda edizione, che ha riscosso e confermato un interesse attento e, considerando la posizione e la popolazione del paese, anche piuttosto numeroso. 44 poeti presentano i loro “moti dell’anima”, “foto” dei loro stati d’animo o delle sensazioni suscitate da avvenimenti o pensieri. Qualcuno assente, sicuramente forzato, ma la presenza era resa quasi tangibile dalle sue parole affidate alla lettura di un giovane attore della compagnia dei Murattori. Anime di ogni età: ragazzini, adolescenti e signori/e attempati e rappresentanti una buona parte d’Italia e anche un pò di estero, leggono con sentimento quello che hanno messo sui fogli bianchi. Due poesie lette dai poeti presenti ed una recitata dagli attori per coloro che non potevano esserci. Da spettatrice, qualche difficoltà a seguire l’audio di tutte le letture. Sarebbe stato bello avere i testi per non perdere parole che in una poesia non sono mai inutili o superflue. Ogni sei poesie, un piccolo intermezzo musicale, affinchè si potesse riflettere e ordinare nella mente quanto ascoltato. Poesie lunghe come piccoli racconti e argomenti tra i più vari. Spesso è stato ricordato il paese, forse da coloro che se ne sono allontanati, o la sua vita: il mare, i pescatori, la luna. Molti versi dedicati ai propri cari, altri a persone che hanno lasciato un segno nella storia. La serata scorre tranquilla, nel clima che solo l’amore per la cultura e il sentimento possono creare. Quando tutte le sensazioni sono state espresse, mentre i presenti si rifocillano ad un piccolo buffet, i poeti sono occupati dalla votazione. Ognuno di essi dovrà esprimere tre preferenze; ai non presenti viene assegnato un voto “d’ufficio”, in modo da partire alla pari. Anche ai presenti non poeti sarebbe piaciuto esprimere un giudizio, ma… era giusto che fosse un discorso tra intenditori. Una professoressa romana, prima della premiazione, discorre sugli haiku: li presenta, li spiega, ne legge alcuni. Molti in sala li conoscevano già; forse solo qualcuno non sapeva cosa fosse questa sintetica forma espessiva giapponese. Premia alcuni haiku dei ragazzi delle scuole che hanno seguito le sue lezioni e, in breve, imparato a comporre queste piccole poesie. I poeti sono attenti; è il momento di leggere i prescelti. Qualcuno con aria tranquilla si è servito al buffet, ma molti sono rimasti seduti al loro posto, evidentemente compresi nel momento. Terzo posto: Chiara Baistrocchi, liceale di Napoli, con una poesia ispirata al mare: “Io e il mare” Secondo posto: Vincenzo Russo, della provincia di Napoli, con un lungo testo in dialetto dedicato a Karol Woitila: “A vuluntà ‘e Dio, Karol ‘na penna e ‘a mana mia”. Vincitrice Giovanna Parlato, ragazza poco più che ventenne di Positano , con “Vorrei..” . Il suo desiderio di vivere intensamente, di vivere bene, di essere e non di adeguarsi, è passato attraverso i desideri espressi in “Vorrei”… E’ passata la sincerità della speranza e la speranza di chi (ancora?) crede nell’impegno di vivere. Ai tre finalisti un piatto in ceramica; a tutti i partecipanti, assenti compresi, un attestato di partecipazione. La serata per gli spettatori si conclude con la risalita verso casa con qualche bella emozione in più di cui parlare. Per i poeti e gli organizzatori, una cena insieme; persone che non si conoscevano nella maggioranza dei casi, ma che sicuramente avranno saputo di cosa parlare e si saranno sentiti uniti e affiatati nel condividere la loro comune passione. Per tutti l’appuntamento a tra qualche mese, in una sera di fine estate, per prendere in mano il frutto tangibile di questa esperienza: il libro che raccoglierà tutte le poesie presentate e qualche breve nota sugli autori. Sarà un altro momento particolare di attenzione allo spirito. I poeti che non hanno potuto leggere le proprie opere ad aprile, potranno farlo in quell’occasione e i “moti dell’anima, le “foto di pensieri”, saranno ancora una volta protagonisti. In conclusione, una serata particolare, prima che il caos del turismo e delle attività estive incalzino; una serata di riflessione, una serata di cultura che non può che far bene a chiunque, compreso Positano e che avrà fatto tirar fuori qualche poesia da qualche cassetto chiuso da tempo. – Chao“
Ci sono sere che

Ci sono sere che vivi da eterno insodisfatto. Sembra che aspetti qualcosa..che forse non sai nemmeno tu: un gesto, una carezza, confronto, sesso, parole, una mano tesa, uno sguardo. Arrivi a casa, ti metti in attesa, pensi e magari sogni. Ti sdrai nella penombra, liberando la mente… Aspetti…aspetti… aspetti.. si ma “cosa”? Ti chiamano, ti alzi. “Senti non e’ che…?”, “Mi puoi…?” “Riesci a…”? No.. non e’ questo quello che cerchi. Suona il cellulare, “volevo avvisarti che l’impegno e’ saltato”, come al solito all’ultimo momento, poco male, resti a casa ma non e’ quello che cerchi. E’ l’ora di cena, mangi, di gusto, ti abbuffi pensando che fosse quello il desiderio, un buon pasto; ma non e’ quello che cerchi. E via cosi’, per tutta la sera, tv, musica, pc… non va “bene” niente, non e’ quello che cerchi. Ci sono sere che vivi da eterno insodisfatto. Sembra che aspetti qualcosa..che forse non sai nemmeno tu: son quelle sere che non ti resta che abbracciare il cuscino, raggomitolandoti nel letto, cercando di trovare almeno il tuo calore.
Un articolo della Ginzburg del 1988

Un argomento ancora attuale: Il crocefisso nelle scuole (e negli uffici pubblici). Trovo particolarmente interessante queste argomentazioni a cui penso che ogni mio commento sia superfluo: “Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della scuola. Il nostro è uno stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso. La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocefisso dalle pareti della sua classe. Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Ora si sta battendo per poterlo togliere di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro Paese. Per quanto riguarda la sua propria classe, ha pienamente ragione. Però a me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza. I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, e questo è un problema da nulla. E’ vero. Pure, a me dispiace che il crocefisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato. Ogni imposizione delle autorità è orrenda, per quanto riguarda il crocefisso sulle pareti. Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo. Un insegnante deve poterlo appendere, se lo vuole, e toglierlo se non vuole. Dovrebbe essere una libera scelta. Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini. Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocefisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire. Il crocifisso in classe non può essere altro che l’espressione di un desiderio. I desideri, quando sono innocenti, vanno rispettati. L’ora di religione è una prepotenza politica. E’ una lezione. Vi si spendono delle parole. La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici. Perchè vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla. Tace. L’ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell’ora e quelli che si alzano e se ne vanno. Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo forse smettere di dire così? Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. E’ muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte dei muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa dì particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea dei prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto “ama il prossimo come te stesso”. Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell’indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l’esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo abituati a veder
Nuvole Barocche e Damiano
Birre vino, tavolini e fumo di sigarette. Fuori dal Teatro Ringhiera un cartellone con la programmazione. Persone raggruppate in nuvole discorrono sull’evento della serata che per molti non e’ “Nuvole Barocche” ma il post rappresentazione: Damiano fara’ un mini concerto omaggio a De Andre’. “Damiano?, quel Damiano?” Si, quel Damiano, quello di XFactor… quello “della Mori”, quello che ha fatto uscire un disco con un suo pezzo inedito: Anima. Per Damiano e’ un ritorno al passato: quel teatro e’ a due passi dalla casa dove e’ vissuto, nel quartire che l’ha visto bambino, su quel teatro ha fatto alle medie il suo saggio di musica. Improvvisamente come per un colpo di vento le nuvole si spostano e si assembrano. Foto, parole, abbracci, baci, autografi: e’ arrivato, semplice, spettinato, quasi assente: non e’ cambiato. Passano i minuti e molti sono a chiedersi che senso ha dover vedere uno spettacolo prima di poterlo sentire, alcuni pensano di tornare piu’ tardi, poi si aprono le porte, si prende posto. “Nuvole Barocche” drammaturgia e regia di Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Luca Stano, con Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Luca Stano, Elisa Marinoni. “1979: l’estate dei grandi sequestri. In scena sono Nico l’anarchico, Beppe l’alcolizzato, Pier l’emarginato, tre teppistelli sbandati e balordi, in cerca del colpo che cambia la vita. Nel chiuso di uno squallido scantinato di una qualsiasi periferia metropolitana, progettano il rapimento di un bambino, puntando lì le carte sbagliate di un possibile riscatto, ma finiscono solo per implodere in un feroce gioco al massacro a tre e per azzerare ogni orizzonte di futuro. La disillusione, il rapporto con la loro infanzia, l’amicizia ormai tramutata in qualcos’altro e la perdita della loro innocenza, sono temi che dominano i dialoghi. Quasi un noir, sullo sfondo storico dei violenti anni ’70, poco prima dei rampanti e ottusi anni ’80. E sull’eco allusiva del sequestro vero, nel 1979, di Dori Ghezzi e Fabrizio De André, indimenticabile musicista-poeta, autore dell’album omonimo da cui è ripreso il titolo dello spettacolo. E come le nuvole gonfie minacciano di squarciarsi in pioggia, così esplodono le anime di Nico, Beppe e Pier, perdenti nella vita e perduti dentro di sé.” (dal sito della compagnia http://www.carrozzeriaorfeo.it/) Intenso, linearmente complicato, ironico, drammatico, dai tempi perfetti. La Figura di De Andre’ che rieccheggia senza invadere, personaggi (a detta degli autori stessi) che si rifanno alla “poetica” del maestro: l’anarchico, il malato, l’emarginato, la puttana. Un monologo centrale sulla notte carico di significato e bellezza, dove non vi e’ solo voce ma anche corpo e anima. Fino ad arrivare all’epilogo dove, come ha detto sorridente Dori Ghezzi, che era presente allo spettacolo, “ascoltare De Andre’ non fa bene”. Pubblico senza parole e senza fiato, bella e inattesa sorpresa di un teatro ancora vivo, intenso e “nuovo”, nonostante tutte le difficolta’. Pausa. Le nuvole si ritrovano ancora fuori a parlare, bere, discutere. Si conoscono o riconoscono persone, volti amici e volti magari visti dietro uno schermo. Fumo, cellulari. Una visita alla mostra di disegni ispirati all’opera. Si riaprono le porte, gli interpreti e la Ghezzi commentano lo spettacolo, dando luce ad aspetti magari trascurati: gli anni 70, gli anni 80, le decisioni e le indecisioni, le certezze, le illusioni, la paura, la speranza, la forza di sorridere di drammi anche personali. Pensieri sul sequestratore che diviene sequestrato… solitudine e disillusioni. Si spengono le luci, il teatro e’ un po’ piu’ pieno. Un faro, un uomo, una chitarra: emozioni sulle note di del Poeta: Amore che vieni amore che vai. Poi, l’entrata dei musicisti de “la Nuova Orchestra “da camera” della Città Vecchia (Diego Maggi – pianoforte e tastiere, Claudia Zannoni – gia’ voce dei “Monopoliodistato” – basso e voce e percussioni– e Frank Ferrara – fiati e voce) si aggiunge atmosfera all’atmosfera. Tutti assieme accompagnano la calda voce di Damiano in Geordie, La canzone dell’amor perduto, Crueza de Ma, Rimini… intervallate da poche parole e qualche “cazzata”, testi da leggere e fogli che cadono. Fine? Si, Fine. Ma il pubblico chiama ancora e ancora ritorna un uomo con la sua chitarra e la sua voce: Se ti tagliassero a pezzetti e, su richiesta quasi esplicita della signora Ghezzi, Damiano ci regala un suo inedito “Non quello che passa alle radio adesso…non facciamo promozione, un altro pezzo scritto da me, di cui, dopo vorrei un parere privato di Dori“: Fai da te. Ma non e’ finita, mentre si smonta l’attrezzatura Damiano e’ ancora in mezzo alla gente, la sua gente. Altri autografi, saluti, foto, pupazzi regalati, pacche sulle spalla, in bocca al lupo… finche’ le nubi si sperdono in una notte di dicembre, anime calde in una fredda serata.
Anima – Damiano Fiorella

Anima, anima, anima Anima, anima, anima ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole Anima, anima, anima Anima, anima, anima ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole lacrima, l’anima, lacrime lacrima, l’anima, lacrime ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole lacrima, l’anima, lacrime lacrima, l’anima, lacrime ci vuole più calore, ti duole, ci vuole più calore, ti duole, ci vuole prendimi l’anima, prendila prendimi l’anima, prendila ci vuole più rumore, ci vuole, ci vuole più rumore, ci vuole, ci vuole prendimi l’anima, prendila prendimi l’anima, prendila ci vuole più rumore ci vuole ci vuole più rumore ci vuole ci vuole Più contatto ci vuole più tatto ci vuole più petto ci vuole più rispetto ci vuole contatto ci vuole più tatto ci vuole più petto ci vuole più rispetto Prendi chi ti vuole chi ti duole rendi Prendi chi ti vuole chi ti duole rendi Prendi chi ti vuole chi ti duole rendi Anima, anima, anima Anima, anima, anima ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole chi ti vuole, ti duole, ci vuole lacrima, l’anima, lacrime lacrima, l’anima, lacrime ci vuole più calore, ti duole, ci vuole più calore, ti duole, ci vuole prendimi l’anima, prendila prendimi l’anima, prendila ci vuole più rumore ci vuole, ci vuole più rumore ci vuole, ci vuole Più contatto ci vuole più tatto ci vuole più petto ci vuole più rispetto ci vuole contatto ci vuole più tatto ci vuole più petto ci vuole più rispetto ci vuole contatto ci vuole più tatto ci vuole più petto ci vuole più rispetto ci vuole Prendi chi ti vuole chi ti duole rendi Prendi chi ti vuole chi ti duole rendi Prendi chi ti vuole chi ti duole rendi Anima, anima anima Anima, anima, anima ci vuole Anima, anima anima Anima, anima, anima Anima, anima anima Anima, anima, anima Ricordare il dolore bisogna, ricordare l’amore. Questa canzone doveva essere il sottofondo del minisito di Fotografie di Pensieri. La versione e’ un po’ diversa preferivo quella piu’ “soft”, pero’ la trovo molto “vicina” ad alcuni miei pensieri…. Prendi chi ti vuole, chi ti duole rendi… Ricordare il dolore bisogna, ricordare l’amore.
Un viaggio
“Ma chi me lo ha fatto fare?”. Era questo il pensiero ricorrente di Delia guardando fuori dal finestrino mentre il treno correva. Sola, praticamente da sempre, aveva accettato quell’appuntamento al buio. Si certo, con Michele, conosciuto in un sito di incontri, si erano sentiti e visti tramite la web-cam ma… non si erano mai sfiorati ne’ annusati. Si era preparata con cura Delia, come non faceva da anni. Era stata giorni a scegliere come vestirsi, dando importanza anche all’intimo che doveva essere intrigante ma comunque rimanere sobrio. E poi ai vestiti: aveva scartato da subito il tailleur, poi era iniziato il dubbio tra gonna e pantalone, tra camicia e maglioncino. Alla fine aveva optato per una gonna lunga stile gitana e una camicia bianca molto leggera. L’intimo era rigorosamente nero con rasi e pizzi, un po’ per farlo notare dalla camicia, un po’ per dare contrasto con la sua pelle color latte. Per concludere trucco, smalto e estetista. Quante notti passate a pensare a quel momento, quante voglie represse nel letto, docce fredde e carezze ed ora, che quel benedetto treno correva, avrebbe voluto tornare indietro. Troppi dubbi… troppe aspettative… Bramava e temeva il contatto, il primo contatto, se non avesse dato la scossa, quella scossa? Si sentiva maledettamente una ragazzina al primo appuntamento, tesa e timida ma allo stesso tempo vogliosa e eccitata (durante il viaggio più volte si ritrovò a serrare e rilasciare le cosce e a pensare se chiudersi o meno in bagno). Passavano paesaggi e stazioni e i pensieri continuavano ad alternarsi impazziti come in una danza tribale dove tutto e’ caos in un preciso ordine. Con solo 10 minuti di ritardo il treno la lasciò straniera sulla banchina in una città che ricordava solo da bambina. Si diresse verso l’atrio, l’appuntamento era all’edicola. Incrociò uno sguardo, che sostenne il suo. Si fermò, le si avvicino. Nessuna parola, solo un lungo, interminabile bacio che la stordì facendole cedere le ginocchia. Michele la prese per mano e la condusse alla sua auto. Le chiese semplicemente “Vuoi?” a cui rispose di si con la testa. Michele mise in moto, direzione una camera per condividere un pomeriggio di passione e d’amore, mentre alla radio un giovane Baglioni cantava burlescamente “la paura e la voglia di essere nudi”.
Ore 10.40
A quell’ora sono stato contattato da una persona con cui non sono in rapporti "chiari". Sto aspettando delle risposte a dubbi mai sciolti.Non ho nulla da rimproverarmi e sono tranquillo, come si suol dire cammino a testa alta. Ma torniamo al discorso principale.Dicevo che vengo contattato e mi dice che oggi alle 13 sarebbe stata dalle mie parti e se potevamo inontrarci cosi’ da consegnarle il mio libro. Ho rifiutato. Primo perche’ non giro solitamente con copie di Fotografie di Pensieri nella borsa, secondo perche’ non posso prendere e mollare il lavoro senza preavviso o quasi ed infine perche’ non "capisco" il motivo dell’incontro se non ci si e’ chiariti (o almeno cosi’ e’ per me). Sapete tutti e se non lo sapete lo dico e ridico ora quanto tenga a FdP. Sapete o potete immaginare cosa voglia dire per me sapere che un’altra copia e’ vissuta e apprezzata, ma gia’ una volta sono stato accusato di "mantenere una amicizia" per poter vendere "2 copie del mio libro", quindi ora…preferisco limitare il mio "volo", ma non cadere nello stesso errore. E con questo… penso che non raggiungero’ mai il primo traguardo che mi ero posto per il libro…. pero’ posso sempre dire di averci provato.
Amore Solitario

T’ho vista, nuda, perduta nei tuoi pensieri, mentre t’amavi. Mani vogliose incarnavano altre mani, portandoti a sospiri e gemiti perduti nella notte. Chi mai sarà, l’uomo che tanto ti fece vibrare solo al pensiero? In un tempo ormai dilatato, ora dormi serena, con ancora una mano tra le cosce.
Quando ti perdero’ di nuovo
Non riusciva a smetter di pensarci. Le era impossibile. D’altronde Raffaella era cosi’, ha sempre dovuto focalizzare e arrivare al cuore del problema, prima di poter andare avanti. Erano passati anni ma pensava ancora a lui, cosi’ vicino cosi’ distante. Lui che l’ha delusa, lui che non ha mai saputo aspettarla anche se accettava i suoi silenzi, le sue sparizioni e riapparizioni. Ora era cambiata e le cose erano cambiate, pero’…. un tarlo continuava a tormentarla. Raffaella pensava e scriveva pensieri su un foglio di carta, disegnando con le parole un grande punto interrogativo. Perche’ nonostante tutto ha continuato a pensarlo e a cercarlo? Per la sicurezza che le donava? Per la forza che sapeva trasmetterle? Per quello scintillio che solo lei vedeva nei suoi occhi? Forse semplicemetne perche’ gli voleva bene, quel bene che puo’ andare oltre il tempo e lo spazio, l’uomo e la donna, quel bene senza condizione, senza se e senza ma, quel bene che si puo’ chiamare amore nel significato piu’ puro del termine. Pensava tutte queste cose e sul foglio si susseguivano parole, mare e monti, soli e nuvole, punti di domanda e punti esclamativi. Prima di strappare e gettare il foglio nel fuoco scrisse ancora poche parole, parole che le rimasero marchiate nell’anima: “T’ho perso e non ancora trovato, eppure son qui a pensare a cosa faro’ nel momento in cui ti perdero’ di nuovo”.
Sera d’estate
Riconosco profumo di sale e limoni. Scruto il cielo a trovar la mia stella, mentre mi inebrio della tranquillita’ d’un vecchio salice. Volano pensieri assieme alla brezza; m’abbandono ad un suono lontanto. S’accendono il faro e le lucciole: respiro col mondo, rinasco col morir del sole.
Io
Ci sono volte che e’ meglio essere nudi che vestirsi di falso perbenismo. Ed e’ cosi’ che sono oggi. Nudo, per quello che sono, senza paura e senza vergogna. Troppe parole a volte sono dette e date al vento. Stanco del sentitio del e dei “forse credo che” allargo le braccia e dico colpitemi, se volete colpirmi, internatemi se volete interarmi oppure fatemi compagnia… Oggi mi e’ stato detto… “quello sei tu” e chi dovrei essere, un altro? Quello che vogliono “gli altri”? Ligabue – Sulla mia Stada C’è chi mi vuole come vuole un po’ più santo più criminale e un po’ più nuovo un po’ più uguale mi vuole come vuole c’è chi mi vuole per cliente chi non mi vuole mai per niente e c’è chi vuole le mie scuse che ciò che sono l’ha offeso di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada c’è chi mi vuole più me stesso e più profondo, più maledetto e bravo padre e bravo a letto c’è chi mi vuole perfetto di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada Son diventato “cattivo” ed “egoista” porbabilmente non ho piu’ voglia di “farmi il fegato marcio”… prendere o lasciare, senza rancore.. Tolgo la maschera (03/01/2006) Ed ora che consciamente tolgo la maschera dal viso, potrete vedere il mostro che in realtà sono. Io, giocoliere di parole, cerco solo approvazione, gloria e fama! Non fuggite allo sguardo… i miei occhi sono sempre gli stessi, sono solo le parole che ora non ammaliano più e trafiggono l’anima. Ah, stupidi e stolti, non capite? Io vi ho usato e vi sto ancora usando! Fino a quando? Finché non toglierò anche questa maschera e mi ripresenterò con il mio vero volto quello di ieri! (da Fotografie di Pensieri )
Abuso “letterario”.
In un mondo dove ormai la parola cede il passo all’immagine, dove tutto e’ veloce, asettico, impersonale, non c’e’ piu’ tempo per pesare il vero senso di quello che diciamo.Le parole perdono significato, spessore, colore, "sapore".Girando sul web (forum, blog, siti, guestboook) si leggono milioni di volte le parole Ti VOGLIO BENE, TVB, SEI IMPORTANTE, per non parlare del significato e del senso di parole come amico e amicizia…. Amicizia: Questa (in corsivo) e’ la definizione da vocabolario:Legame sentimentale, quindi che prevede un sentimento, basato su affinita’ di idee, che vanno quindi condivise, e reciproca stima, quindi prevede un rapporto, una conoscenza, un qualcosa di costruito.Non basta qualche messaggio, telefonata, conversazione per definirsi amici o come piace a me dire Amici.A tal proposito parlando con una persona che sento a me vicina tempo fa si parlava addirittura di mici e ici rispetto ai rapporti con le persone. Come faccio a definirti amico se non ti conosco? Posso sapere tante cose di te piu’ o meno belle, piu’ o meno intime, piu’ o meno personali ma questo non vuol dire che sei mio amico.Leggevo non ricordo piu’ dove che volere bene ad una persone e’ un lungo viaggio e per un lungo viaggio ci si prepara, si programma, si fa una valigia, si stabilisce una meta, si fanno delle tappe…. non si prende e si parte cosi’…a caso; quello l’ha fatto Forrest Gump ed ad un certo punto ha smesso di correre senza meta.Detto tutto questo sono ancora a chiedermi se oggi pensiamo a quello che diciamo e se diamo il giusto peso alle parole e lo dico io che con le parole mi diverto a "scherzare" ad "unirle" per dar forma ai miei pensieri e spesso mi dico di no e che la fretta ci porta a "costruire male le nostre case chimate rapporti" poi, come nella fiaba dei tre porcellini resta in piedi una casa su tre (se va bene). Pensiamoci prima di lasciarci trasportare dalle emozioni e dire qualcosa che poi, in fondo in fondo, non pensiamo o non sentiamo.
Per sempre figlio

Crescerai, avrai la tua strada, la tua vita: primi pensieri quando ti portai al mio seno Ho seguito i tuoi passi con trepidante attesa: i primi barcollanti, poi man mano più decisi, poi quelli sui gradini della scuola, dei tuoi primi battiti al cuore…. quelli del tuo incedere: diventasti uomo, marito, padre… diventerai nonno eppure, per me resterai sempre figlio, da seguire, con lo sguardo, sognante e attento, di madre.
Un tuo segreto
Credo di aver capito un tuo segreto. Sorrido. No non ho detto che rido ma sorrido! Ancora non si e’ spento il raggio di sole, sono ancora “illuminato”. Anche se oggi piove e’ ancora primavera. Resto con la mia voglia e convinzione, anche se a volte e’ meglio la tana… Lascio solo brevi parole, ma non quella che non ci diciamo. Ancora una volta guardiamo lo stesso cielo, che siano nuvole o stelle cadenti, non siamo lontani. Non sempre scoprire qualcosa fa “male”. A volte non sposta di una virgola, vite, modi, pensieri…. e magari ci si sente ancora piu’ coccolato e protetto… o semplicemente vivo.
Pensieri di una madre

Ecco, ci risiamo, pensò Clara. E’ arrivato un altro weekend e sono ancora qui sola a guardare la finestra. Mio marito sono mesi che è all’estero per lavoro… orami è un matrimonio telematico e mio figlio? perchè ho un figlio? Si.. dal lun al ven mattina poi…è già tanto se si ricorda di mandarmi qualche sms. Eppure ormai è grande… Discorsi, parole, lotte. E’ un combattimento continuo. Vivo in una prigione dove le mio ore d’aria sono i minuti, il tempo di una sigaretta. Cuoca, cameriera, lavandaia, stiratrice, bancomat… sono solo questo? Inizio ad essere stanca, stanca di questi mulini a vento e il vento mi soffia in faccia. Mi piacerebbe prendermi anchio le mie libertà, libertà da madre… fregarmene…come fa lui… come fa l’altro. E’ passata la mezzanotte… non è più la “mia” festa…ma che avevo da festeggiare? Mi hanno fatto più festa i pesci quando ho dato loro “la pappa”… sembrava mi aspettassero…almeno loro. Sono stanca.. stanca.. stanca…stanca di combattere per amore. Già per amore…. combatto per amore…mi rassegno.. sotto questa luce non smetterò mai di combattere… Vado a letto ma non dormo… Una chiave nella porta… mi giro… giocando con una ciocca di capelli… mi addormento… L’ultimo pensiero? Mancano 5 giorni a venerdì… Buonanotte Clara… che sia una dolce notte. Continua a spargere i tuoi semi… ora stai vedendo solo quelli marciti, o non sbocciati… e non sai se e quando sarà il tempo del raccolto. Non smetterai di combattere… finchè avrai fiato e finchè ti batterà il cuore. Tenderai ancora la tua mano… e ti dimenticherai ancora di te…
Spleen
Serpeggia silenziosa questa sensazione di malessere. Un saluto dato o non dato, una parola non corrisposta e tutto diventa macigno. Non risesco piu’ a capire se son straniero in casa mia o in casa d’altri. Pesanti pensieri ingrigiscono la voglia e l’anima, attendo risposte che mai verranno ingoiando ippopotami dal vago sapore di fango. Alzo la testa dalla palude, incrocio gli occhi con un falco, mi rialzo, seguendolo in volo.
In una lacrima
Riflesso, in una tua lontana lacrima, trovo il mio spirito d’eterno bambino, in un corpo di uomo. Scopro fili d’argento ad unire incompatibilmente cuori compatibili, mentre abbracciando l’aria sento il tuo profumo. Carne, sogno, corpi, odori, pensieri, immagini: Cuore, stomaco e cervello. Riflesso in una tua lontana lacrima, trovo il mio spirito, che, abbandonandosi ancora, ancora vive.
Giorno di pioggia
Buio in casa, gli scuri sono tirati. Sale un filo di fumo dalla sigaretta. Luci spente, spenta anche la musica. Solo il rumore dei pensieri a movimentare questo tempo fermo. La poltrona ha ormai preso la mia forma…. il bicchiere con l’alcool e’ ormai appoggiato al pavimento. Solo, non mi resta che pensare. La corazza protegge l’anima dai colpi esterni, ma a volte mi manca una carezza sul cuore…. un calore che poi si espande in tutto il corpo, dandomi la forza di abbozzare un sorriso. Da quanto tempo non sorrido per il gusto di sorridere? Da quanto tempo non scoppio in una risata fragorosa? Il tempo mi vive, il mondo mi vive. A volte mi sento gia’ uno zombee…. non voglio nemmeno camminare….resto fermo.. aspetto. Lotto con fantasmi e tiro i dadi, risultando perdente. Picchietta la pioggia fuori dai vetri, mi bagna l’anima….vorrei non pensare….vorrei non sbaglare…vorrei imporre quello che mi fa paura. Devo semplicemente tornare ad amarmi, per poter amare. O forse sentire ancora quella carezza della sera, sentirmi amato, per amare. Il fumo si perde sul soffitto… come i miei pensieri …..ascolto ancora il loro silenzioso rumore.
Non sono poeta.

Non sono poeta, eppure gioco con le parole, imbrattando righi. Non sono poeta, non rispetto regole, rime e dettami, eppure lascio le mie impronte. Non sono poeta, vate o scrittore, non mi sento tale, Mi arrabbato mischiando concetti che m’attraversano la mente. Pensieri impressi su fogli, come polaroid dell’anima, no, non sono poeta.
Fantasmi Metropolitani

Li incontro tutti i giorni, ai soliti posti ai soliti angoli. Camminano trascinandosi dietro una valigia di sogni perduti, occasioni buttate, coincidenze mancate. Li ho visti in aeroporto aspettare voli che non partono mai, sdraiati sulle poltroncine per tirare mattina, sulle panchine delle stazioni a guardare il tabellone delle partenze e degli arrivi, vagare sui mezzi pubblici cercando calore, raccogliere cicche di sigarette per fumarsi un po’ di tempo, cercare giornarli per coprirsi e qualche avanzo dai cestini. Uomini e donne a cui è passata la voglia anche di parlare, raccontarsi. A volte ti chiedono un caffè o una sigaretta, senza mai guardarti negli occhi, senza mai sentirsi uguali, ma anche loro hanno una dignità, non ti chiedono mai soldi o favori. Sanno di vivere a margine, sui marciapiedi o semplicemente un’altra vita, a volte cercata e voluta, a volte costretta. Carrelli pieni di ciò che resta dei loro ricordi o di quello che serve per vivere. Vivere… Se questo è vivere. A guardarli mi torna in mente la poesia se questo è un uomo di P. Levi. Si, sono uomini, persi nei loro pensieri, nelle loro storie. Amano, sognano, ridono, piangonono. Ci comunicano quello che sono anche solo tramite i loro occhi, attendendo qualcuno che tenda una mano. Fantasmi metropolitani, ad accompagnarmi nella notte…
A volte basta una spinta per accorgersi di saper volare.

A volte basta una spinta per accorgersi di saper volare, siamo troppo abituati a guardare la terra e i nostri piedi e non siamo più capaci di perderci nel cielo. Gabbiani con le ali rattrappite, fenici incapaci di rinascere dalle ceneri. Abbiamo perso l’abitudine al volo, anche col pensiero, ci si stanno rattrappendo le ali e le idee.Viviamo senza sapere più rischiare, osare, sfidare, lanciarsi, scoprire. Non sappiamo più nemmeno guardare le stelle e cercare la nostra stella polare che ci possa indicare la via. Restiamo con le chiappe appoggiate al terreno e siamo anche capaci di lamentarci che e’ freddo. Ammiriamo e additiamo chi anche solo per poco prova a spingersi oltre, a sollevarsi; anche solo chi e’ in piedi ci pare un gigante. Strisciamo come vermi alla ricerca di umidità, evitando la luce del sole. Non ho piu’ voglia di fare parte di questo mondo sociale, non mi sento piu’ conforme. Voglio aprire ancora le mie ali, perdermi nelle correnti e sentirmi ancora Jonathan Livingston perdendomi nell’infinito tra cielo e mare, voglio ancora emozionarmi per una rosa e lasciare il ricordo del colore del grano a qualcuno, voglio trovare di nuovo la mia fanta imperatrice e darle il nome che serbo nel cuore, voglio ancora inseguire una tartaruga e recuperare il mio tempo, voglio abbandonare il paese dei balocchi e staccare i fili che fanno muovere questi miei arti di legno, nuotare nella terra e camminare sulle acque, passare attraverso i muri, buttare il cuore oltre l’ostacolo, innamorarmi di una principessa e sconfiggere il drago. Spinto oltre il precipizio, ho allargato le ali e mi son accorto di saper volare. M’innalzo sopra le teste di chi non alza gli occhi a guardare, restando chino, perso nel mondo materiale: soldi, apparire, successo. Depositerei su di loro guano, se non fosse sprecato. Grazie a te, viandante nella nebbia, per quella spinta anche se e’ più lontano, ora l’orizzonte ha trovato un nome: esistere.
…Amicizia?

Rimase intenta ad ascoltare le sue parole. Seduta in riva al mare, faceva tesoro di ogni sillaba pronunciata. Pensieri si accavallavano nella mente, un misto tra stupore, rabbia, gioia, rispetto e ammirazione. “Una vita raccontata in cinque minuti” – le disse – che poi divennero ore. Racconti di episodi lontani impressi nella mente. VIVI, presenti. Attimi anche difficili, terribili, duri: morte, vita, rassegnazione, fallimento, forza, costanza, rinascita, accettazione, ricadute, riprese… Un quadro a colori dietro una lastra grigia… sprazzi vivi in un contesto monocromatico. Non riusciva a parlare, ogni parola sarebbe stata superflua, inutile. Assaporava quell’attimo in cui il tempo sembrava essersi fermato e, come in un film, riusciva quasi ad essere protagonista condividendo quegli attimi non suoi, librandosi in volo con la fantasia. Visse la sua rinascita, la sua “fenice”. Ne fu’ felice. Si ritrovo’ serena, si accorse di aver ricevuto tra le mani una parte della vita di un’altra persona e capi’ di aver condiviso parte dell’anima. L’abbraccio’, un bacio in fronte, a voler ringraziare del dono. Poi in silenzio guardarono il tramonto, con la consapevolezza di aver posto alcuni mattoni per quella che potrebbe chiamarsi Amicizia.
Dicono del Libro Fotografie di Pensieri

Siamo sempre alla ricerca di un senso della vita, capire perché siamo al mondo, cosa dobbiamo fare, come dobbiamo comportarci. È l’interrogativo che ancora una volta si pone anche l’autore di queste poesie, queste “fotografie di pensieri”. Sono riflessioni sulla vita, la morte, le persone vicine e lontane, il quotidiano, quello che si cerca e quello che si trova. Sempre alla ricerca del nuovo se stesso, in costante mutazione. Tenta di affermare con le parole quello che gli brucia i pensieri, ma la definizione giusta sfugge sempre, perché le parole, per quanto precise restano imperfette per esprimere il tumulto interiore. La soluzione lui la trova negli affetti familiari, in quel che lui era ieri, bambino. L’infanzia assume i contorni di una terra mitica, in cui tutto era possibile e permesso. C’è questa voglia di liberarsi di incombenze e problemi, affidandosi all’inconsapevolezza dei primi anni di vita. Parla di morte, senza paura, per poter affermare a gran voce la vita. Poi ancora la solitudine, il dialogo amoroso, il desiderio, la rabbia, la curiosità. Sbircia di soppiatto gli altri, o li guarda apertamente in faccia per cercare risposte ai suoi interrogativi. Racconta i suoi “frammenti di vita condivisa”. Ogni pagina di poesia propone un diverso sguardo sulla realtà che ci circonda. Ci vuol far vedere il bicchiere mezzo pieno, ci invita a vivere intensamente e serenamente, godendo delle piccole meraviglie quotidiane. Usa un linguaggio semplice, immagini quotidiane, niente giri arzigogolati ed esperienze stravaganti. I suoi testi sono lo specchio del vivere di una persona comune che potremmo incontrare per la strada, andando a far la spesa, in coda alla posta, sul treno. Nell’ultima parte del libro si trova un assaggio di altre forme narrative: gli Haiku giapponesi e i racconti brevi. É un altro modo di usare le parole per ribadire gli stessi concetti. Gli Haiku esprimono in modo più schietto e diretto la meraviglia per il quotidiano, mentre i racconti continuano a porre, incessantemente, la domanda: cosa cerchiamo? Una scrittura leggera che regala spunti per riflettere. Recensione di Marta Lavagnoli, del “Writer’s Dream“
Shhhh, silenzio!

Abbiamo tutti in fondo bisogno di ascoltare il nostro silenzio. Forse pochi lo ammettono ma prima o poi, quello che i “nonni” chiamano esame di coscienza, ci “tocca”. Magari non tutte le sere prima di addormentarsi, quando la vita diventa sogno e il sogno prende vita, magari non davanti a fatti eclatanti che possono sconvolgere l’esistenza, pero’ arriva il momento di cercare, deisderare, pretendere, di ascoltare il proprio silenzio. Siamo sempre tutti pronti a commentare, additare, giudicare gli altri, ma quanto e’ difficile farlo con noi stessi? Un “gioco” che mi e’ sempre piaciuto fin da bambimo e’ quello delle “scommesse/penitenze”, primo per la sfida in se stessa, secondo per la sana e naturale competizione che avviene quando c’e’ qualcosa in palio; bene, dicevo, che fin da piccolo quando, in caso di vittoria, dovevo decretare la penitenza di qualcun’altro veniva fuori il massimo della mia perfidia: “La penitenza? Trovatela da solo”. Gelo, freddo… la persona che avevo davanti si trovava e si trova tutt’ora spiazzata, scegliersi la penitenza e’ ancora piu’ difficile che farla! Se si sceglie qualcosa di semplice, in cuor proprio si sa che non e’ una vera peniteza, scegliere qualcosa di estremamente duro mica e’ facle. Che c’entra tutto questo col discorso? Semplice, anche in quel caso bisogna ascoltarsi. Non si puo’ mentire a se stessi, non ci si riesce… e’ impossibile. E’ proprio verso noi stessi che le nostre critiche diventano ancora piu’ pesanti, feroci, taglienti. Non ci sono maschere, non ci sono balle da raccontare. Il nostro essere parla di noi. Eppure arriva quel momento, quell’attimo in cui ognuno di noi cerca il silenzio! Abbandonato in riva al mare resto zitto ad ascoltare la natura: le onde scivolano lente a intervalli regolari, un gabbiano garrisce volando, una barca a motore si allontana verso l’orizzonte, il vento agita i rami facendo sentire il suo fruscio, dei bambini ridono sulla sabbia. Sento il battito del mio cuore e il mio lento respiro, ho quasi la sensazione di sentire pure i pensieri formarsi. E l’anima grida, in silenzio. Pretende attenzione, la mia! Quante cose ha da dirmi, o da ricordarmi. Chiudo gli occhi, sembra notte. Mi affronto in questo improvvisato ring senza arbtro, spettatori, non ho nemmeno nessuno all’angolo. Mi affronto allo specchio, ogni mossa rifatta uguale e contraria. Mi attacco se attacco, mi difendo se difendo. Nudo verso la meta, alla ricerca della mia assoluzione. Deserto Quanto è difficile silenziare, rimanere in presenza di se stessi, affrontarsi! Quanto è bello scontrarsi con il nulla, con sé; quel silenzio irreale, freddo e caldo allo stesso contempo. Silenzio, lasciatemi qui nel mio Deserto. 14/12/1989 Shhhhh, Silenzio…. Non ho ancora finito di parlarmi e ascoltarmi, ascoltando il silenzio e penso che mai smettero’ di farlo. L’uomo, perennemente insoddisfatto e costantemente alla ricerca di qualcosa; eppure quelle onde, quel gabbiano, quella barca… non sono gia’ tutto? O quasi?. Pensieri che si attorcigliano e si accavallano. L’uomo, unico essere dotato di intelletto, è il primo essere a spezzare il perfetto equilibrio del mondo e, bene o male, anche io sono un uomo… Prima foto: da www.nikonclub.it – foto di manuela innocenti Seconda foto da: http://www.arabia.it/
Treno in corsa

Corre questo treno, corre veloce nella notte. Ci son salito neonato e non mi son mai fermato. Tutto il mondo passa dai finestrini, lo vedo, lo sfioro, ma non lo sento!. Ah, come vorrei a volte tirare il freno d’emergenza e aprire le porte, fermarmi, lasciarlo andare al suo destino, al MIO destino. Corre questo treno, carico di persone che come me si incontrano, si conoscono, si amano, si ignorano, si “vivono”. Ho messo un cartello al mio petto: “FERMI TUTTI, VOGLIO SCENDERE”, ma la gente leggendolo ride, pensa ad un gioco, ad uno scherzo. “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine …Muore lentamente chi evita una passione…Lentamente muore chi non capovolge il tavolo…Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo” (P. Neruda) E come faccio a non morire su questo treno che conduce alla morte? Non ho spazio, non ho “aria”. Eppure “sto bene” tutto e’ tranquillo, tutto e’ “normale”. Forse non son normale io, a cercare sempre di piu’, a voler vedere oltre, a lanciarmi e trattenermi… E un’altra stazione si avvicina, un altro traguardo, un’altra tacca segnata alla vita. Penso, mi domando, mi interrogo e mi sento sempre piu’ vuoto nella mia pienezza e pieno nella mia carenza. Sorrido, continuo a sorridere, non si notano “crepe” anche se l’intonaco ogni tanto cede. Sorrido, continuo a sorridere per chi e a chi mi sta accanto. Non posso e non voglio cedere. Giro il mio cartello, lo metto alle spalle e non sul petto, non lo vedo piu’ ma so che resta ed e’ parte di me.
Il mare dentro
Come ogni giorno era li, coi suoi capelli bianchi, il suo bastone e la sua valigia di ricordi. Il vecchio era seduto sulla solita panchina di villa Borghese e ascoltava il mare. Si si, lo so che non c’e’ il mare a Roma, ma quel vecchio sapeva sentire il mare dentro di se. Lui, nato nella terra dei trulli, dove il rumore del mare era la colonna sonora della vita, aveva capito come sentire il mare. L’aveva imparato da bambino, nel secolo scorso, quando “per gioco” (o almeno cosi’ pensava) gli avevno scritto quei numeri sul braccio lassu’ in Germania. Cadeva la cenere come fosse neve, ma non riusciva a giocarci. Quanti amici, parenti, semplici conoscenti ha visto partire … senza tornare e sentiva il mare. E poi il ritorno a casa, solo col fratello piu’ piccolo, un’avventura, un’odissea e ancora sentiva il mare… L’arrivo a Roma, l’aiuto di qualche persona “buona”, aveva imparato un mestiere, garzone in fabbrica e in quel frastuono ancora il mare…Si era sposato con “una brava figliola” che gli aveva dato 5 figli, prima di lasciarlo solo… a sentire il mare. Ah quanti ricordi… e quanto mare. Ogni volta che perdeva le forze, le speranze, guardava dentro di se, in profondo e riscopriva il dolce suono delle onde, a volte il mare era anche agitato, si infrangeva sugli scogli dell’anima, ma quel vecchio lo conosceva bene quel suo mare che sapeva calmarlo, anche e soprattutto nei momenti di maggior burrasca. Rimaneva seduto per ore, con lo sguardo rivolto all’infinito, ogni tanto si accarezzava il braccio, la fede che ancora portava all’anulare, la fronte ricca di rughe. Qualche volta sospirava, ad avvicinarlo si potevano scorgere i suoi pensieri. Si fidava quel vecchio, ancora si fidava di chi gli sorrideva…. si e’ fidato anche di me, raccontandomi della sua vita e insegnandomi ad ascoltare la mia anima come conchiglia e a trovare serenita’ nelle mie onde. Il vecchio era seduto sulla solita panchina di villa Borghese anche quel giorno, quel pomeriggio, mi avvicinai e mi saluto’ stringendomi le mani, sorridendo al mio sorriso e ricordandomi di ascoltare il mare; lui, mi disse, sarebbe partito per un lungo viaggio, aveva incontrato qualche giorno prima una bellissima signora di nero vestita e mi disse che quella sera lei l’avrebbe portato al mare.Fu l’ultima volta che lo vidi, ora lo cerco tra le mie onde. Immagine trovata sul sito http://www.stefanoframbi.com
Ritorno

Ho passato giorni a seguire i miei pensieri nel volo dei gabbiani. Sogni e visioni, sorrisi e attese. Mi son perso nel sole e ritrovato nella sabbia. Uguale ma diverso, cambiato eppur me stesso, cercando ancora la scia lasciata dai gabbiani.
eppure e’ strano…

Si, e’ strano di come a volte (spesso?) accade che quando si parla di/a una persona questa sia l’unica o quasi a non capire, e’ strano che a volte quando si parla di altri sembri si parli di se stessi, e’ strano che capiti che quando per noi e’ tutto chiaro, gli altri vedano la notte. La pioggia che cade nell’oceano non e’ solo “acqua” che cade “nell’acqua”, anche perche’ sono acqua diverse. Quanto sara’ meno salata l’acqua del mare dopo un temporale? Ogni cosa cambia, ogni attimo cambia. Eraclito declamava il suo PANTA REI, affermando che: “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va” e il suo discepolo Cratilo si spingera’ oltre, dicendo che non solo non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, ma neppure una volta sola perche’ l’acqua che bagna la punta del piede non sarà quella che bagna il tallone. Tutto cambia, tutto si trasforma, anche io, anche voi… eppure siamo sempre noi stessi! Vediamo di cogliere sempre e comunque il positivo…. pensieri… ancora altri pensieri…lasciatemi ancora pensare… “Il pensare è il parlar da sola dell’anima.”(Platone)
Lupo Solitario

Come belva costretta a vivere in cattività, mostro la mia insofferenza a ciò che mi circonda. Lupo solitario non riesco più a trovarmi in branco, e sogno la mia tana, dove i pensieri erano solo miei. Spezzo le catene e torno alla natura, ai miei amici boschi, alla mia incompresa solitudine, per risentirmi ancora predatore, per ritrovarmi ancora a respirare, per riscoprirmi ancora spirito libero. Brazir – 20/03/07
Pensieri strani

Passione, attrazione, infatuamento, sesso, amore… Sfacettature di una stessa medaglia? Colori differenti dello stesso ologramma? L’amore: Cuore, Stomaco e cervello? A volte penso di essere strano… a volte per me amore e’ Cervello, Stomaco, Cuore… a volte lo Stomaco puo’ anche mancare. Quando e’ vero AMORE? quando e’ solo attrazione o innamoramento? Amare, ci sono milioni di modi di amare…. i genitori, i figli, gli amici…c’e’ chi per amore ha dato la vita, c’e’ l’amore per il compagno o la compagna, per lo sposo o la sposa, l’amore per la vita, l’amore per la musica, per l’arte, l’amore per gli animali, per la lettura…. Forse semplicemente abusiamo della parola Amore? Pero’, parlando di amore torno spesso a pensare che, per me, spesso tutto deve partire dalla "testa"…. le farfalle a volte "non si sentono"… il cuore si, si gofia, accelera ma non basta. Mi sto quasi convincendo che, almeno per me, molto spesso parte dalla "testa". Ho fatto "l’amore" senza avere soddisfazione perche’ non mi son sentito anche "unito nei pensieri" ma solo nel corpo… e magari ho avuto "reazioni" solo trovandomi "in sintonia" perfetta con chi mi era vicino. No, non sono mai arrivato al culmine, ma son convinto che, concedetemi la battuta, dalle parole (anche non parole "d’amore) si fosse passati ai fatti in quei momenti, sarebbe stata una unione perfetta. Pensieri strani, pensieri mattutini di un giorno che non ha ancora decsiso se regalare pioggia o sole.
Ora sogno.

Ho riposto scarpe bucate inseguendo pensieri Ho tolto maglioni infeltriti dalle polveri del tempo. Ho scrollato impermeabili bagnati dalla triste pioggia. Ho aperto la valigia: ora posso sognare.