Come Samurai

Scorgo troppo passato e poco futuro nell’oscuro cammino intrapreso. Come samurai, attendo sul greto ad occhi chiusi: prima o poi, qualcosa, accadrà

In un letto troppo grande

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Nuda e sola, simulano le tue mani Il ricordo di un uomo lontano. Solitario piacere, fino a chiudere gli occhi, lasciando una mano tra le umide cosce.

Verso l’estasi

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La tua lingua, sul mio palato, le tue labbra serrate alle mie. Mani vogliose e vestiti strappati Occhi chiusi e, come ciechi, corpi scoperti al solo tatto: viso, collo, spalle, petto,  seni e capezzoli, schiena e natiche, peli bagnati, la mia erezione e le tue cosce spalancate: congiunzione sublime di due anime gia’ unite.

Disquisizione semiseria sugli Haiku

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Gli Haiku Wikipedia L’haiku è un componimento poetico nato in Giappone, composto da tre versi per complessive diciassette sillabe. Cascina Macondo 1) HAIKU – definizione di Cascina Macondo L’ Haiku è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 – 7 – 5  sillabe. Deve contenere il Kigo (un riferimento alla stagione) o il Piccolo Kigo    (un riferimento ad una parte del giorno) 2) SENRYŪ – definizione di Cascina Macondo Il Senryū è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 – 7 – 5  sillabe che non contiene il Kigo, né il Piccolo Kigo.   3) HAIKAI – definizione di Cascina Macondo L’ Haikai è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 –7 –5  sillabe con connotazione decisamente umoristica, comica, demenziale. Può o no contenere il Kigo o il Piccolo Kigo.  Non bisogna confonderlo con l’haiku pervaso dallo stato d’animo Karumi (la delicatezza, la leggerezza, l’innocenza, il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica). Nell’haikai  la connotazione umoristica è decisamente marcata.   Isoladellapoesia.com L’haiku è un componimento poetico la cui struttura tradizionale è formata solo da tre versi, rispettivamente di 5-7-5 sillabe, per un totale dunque di 17 sillabe. Si tratta di una delle forme più importanti, e probabilmente più conosciute all’estero, di poesia tradizionale. Creato in Giappone nel secolo XVII, l’haiku ha come soggetto scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell’animo dell’haijin (il poeta)   Filosofipercaso.it Nella letteratura giapponese, gli haiku rappresentano una parte molto importante nella cultura nipponica. Il compito di base e’ di testimoniare la verità, tornando ad un linguaggio puro semplice e istintivo. L’energia vitale si svela alla mente priva di schemi e pregiudizi . Nella loro semplicità esprimono l’esigenza dell’uomo di essere tutt’uno con la natura. La poesia haiku, và sempre interpretata come testimonianza di una visione , la propria visione.   E si potrebbe continuare a riportarne altre definizioni, ma non mi sembra il caso. Iniziamo con lo stabilire dei punti fermi: L’haiku nasce in Giappone nel XVII secolo ed e’ un componimento di 17 sillabe diviso su 3 strove di 5 – 7 – 5 sillabe. L’haiku classico, al suo interno prevede l’inserimento del Kigo o del piccolo Kigo (riferimento esplicito o implicito alle stagioni o alle parti del giorno). L’haiku “rappresenta quello che accade mentre accade”. Inutile affermare che questo tipo di poesia nasce e si sviluppa all’interno di una cultura Buddista Zen: la semplicita’, la ricerca, quel desiderio di spingere lo sguardo oltre alle semplici parole sono le caratteristiche degli haiku.. E’ quindi una poesia facile? No, assolutamente. Proprio per quanto detto poc’anzi: la semplicita’ e’ solo nella “forma”, mentre il contenuto porta ad esplorare l’animo umano mettendolo a confronto con quello che lo circonda.   Uno studioso zen di haiku  una volta ha affermato “Davanti allo stupore e al silenzio anche 17 sillabe possono essere troppe”: e’ proprio questo il senso dell’haiku, parole come pennellate, segni leggeri ed essenziali, nulla lasciato al caso, ma al contempo nulla di superfluo. E’ con questo intento che mi sono accostato a questo genere di poesia, che mi e’ stata fatta conoscere da un “amico di web”. Probabilmente, volendo essere precisi, i miei componimenti spaziano dall’haiku al senriu o, se si preferisce, si potrebbero definire haiku moderni (essendo che alcuni non parlano del legame Natura/Uomo); nonostante cio’ lo spirito che mi porta a scrivere questi haiku e’ quello descritto in precedenza.   Come accennato prima l’haiku ha anche una “cultura moderna” o, a mio avviso, occidentalizzata, se posso considerare haiku anche componimenti che non abbiano il kigo o il piccolo kigo, mi riesce difficile accettare come haiku componimenti che dalla regola 5/7/5 sono passati alla regola “quanto/mi/serve”. Certo puo’ capitare (e vi sono studi che supportano questa teoria) che si tolga o si aggiunga qualche sillaba per mantenere il senso della poesia, ma restano eccezioni, non un sistematico infrangere delle “regole”.   Come ultima considerazione poi, vorrei ricordare che  gli haiku sono insegnati anche nelle scuole (p.e. Usa e Marocco) ed e’ proprio dai componimenti dei bambini che spesso riusciamo a ritrovare (soprattutto in occidente) quella semplicita’ che deve caratterizzare l’haiku, facendo in modo di ribaltare le nostre convinzioni fino a considerare “maestri” chi e’ si’ privo di cultura ma anche di quelle “architetture ideologiche” che portano l’uomo istruito a non riuscire a spingere lo sguardo oltre a quello che risulta apparente.     Curiosita’   Un personaggio dei romanzo It di Stephen King, da ragazzino, scrive su una cartolina un haiku per conquistare la ragazzina di cui è innamorato, il cui testo è: Brace d’Inverno I capelli tuoi Dove il mio cuore brucia   Anche Ian Fleming  si cimenta in un Haiku (nella concezione moderna) infatti il libro “Si vive solo 2 volte” fa proprio riferimento ad un Haiku che Bond compone su invito del Tigre: ”Si vive solo due volte una volta quando si nasce e una volta quando si guarda/la morte in faccia”   Contro decalogo per scrivere gli Haiku (http://oradistelle.altervista.org) 1. L’haiku NON è una sentenza, un giudizio o un commento con scopi didattici o morali, né tantomeno è un qualunque pensiero frazionato in tre versi. 2. L’haiku NON è un quadretto pittoresco da incorniciare con belle parole… 3. … e NEPPURE la generalizzazione di una situazione; l’attenzione, infatti, va focalizzata su un evento, un luogo o un momento particolare, poiché catturare la natura delle cose è l’essenza dello haiku. 4. NON è una summa filosofica, ma deve comunque avere una sua profondità. Un buon haiku non è piatto, ma pluridimensionale. 5. Lo haiku NON è una dimostrazione di artifici retorici, né un gioco. 6. L’haiku NON deve per forza trattare del primo oggetto che ci compare sotto gli occhi (per quanto bello o brutto esso sia) o della prima idea che ci viene in mente. L’haiku dovrebbe esser frutto della riflessione (ossia: l’ispirazione deve

Presentazione del libro Haiku

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PARROCCHIA S. MARIA LIBERATRICE MILANO Salone parrocchiale GXIII  Via Cuore Immacolato di Maria 20141 Milano ———————————————– Sabato 03 Dicembre ore 17.00   Domenica 04 Dicembre ore 11.15 Presentazione del libro Haiku di Brazir – F. Bombelli “Personalmente amo molto “giocare” con le parole, c’è un fascino, un potere in esse che trascende da quello che è il mero significato… accostate fra loro assumono sfumature inusuali, offrono visioni altre, come giustamente dice Brazir possono divenire flash, aprire visioni diverse. L’haiku è uno dei modi in cui si può “giocare”, non è certo un gioco semplice, molte regole rischiano di ingabbiare il pensiero, la libera espressione delle proprie sensazioni e riuscire in sole 17 sillabe ad esprimere un’emozione è un’impresa che non fa per me, non ci riuscirei mai. L’haiku richiede stilisticamente una buona, per non dire di più, capacità di sintesi ma richiede in primo luogo, per essere composto, la capacità di guardare oltre, di vedere al di là delle convenzioni, di sentire col cuore prima che conla mente. Ho letto sprazzi del cuore di Brazir in questi haiku”  – Prof. Claudia Poli. ———————————————–  “Anche io voglio sostenere nel mio piccolo la ristrutturazione dell’oratorio. Ho raccolto in questo libricino gli Haiku gia’ pubblicati in Fotografie di Pensieri (2008) aggiungendone alcuni scritti nei 2 anni successivi. Il costo di Haiku e’ di 8 Euro + s.s. e per ogni copia venduta circa 3 euro verranno da me donati all’iniziativa. Avevo un sogno nel cuore ed e’ diventato Fotografie di Pensieri, ora vorrei che il mio sogno (o parte di esso) possa aiutare a realizzare il sogno di tanti cuori, presenti e futuri”  – Brazir F. Bombelli Contestualmente verrà proposta anche una Personale di Matteo Colombini Seguira’ rinfresco. Vi Aspettiamo Numerosi   Scarica la locandina dell’evento! 

Il mio ricordo di un grande uomo.

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Riporto l’articolo che è stato pubblicato sul “mio” giornalino parrocchiale. Penso di non offendere nessuno e, comunque, espirmo quello che penso e che sento. Giovanni Paolo II è sicuramente stato un grande uomo oltre che, a mio avviso, un grande Papa. Gradirei che i commenti possano essere rivolti a quanto da me scritto e sulla sua figura e non,come purtroppo spesso accade, sulla “Chiesa”, sui “preti”, sul “potere” e via discorrendo. Penso che persone come Papa Giovanni Paolo II possano e debbano essere giudicate per quanto fatto nella loro vita, per quanto detto, per quanto vissuto… come giustamente viene fatto con altre figure come Madre Teresa, Martin Luther King, Ghandhi, il Dalai Lama, etc etc etc. Se mi viene chiesto di riflettere sulla figura di Karol Józef Wojtyła non mi viene in mente un suo discorso ma tanti piccoli flash che assieme compongono la figura di quello che a torto o ragione io considero come “il mio” Papa. Come prima cosa mi risuona nella testa la canzone di Minghi “Un uomo venuto da molto lontano “: “Un uomo che parte, vestito di bianco, per mille paesi e non sembra mai stanco “, quanto ha viaggiato per il mondo questo successore di Pietro, portando la Parola e l’Amore in ogni continente!Poi mi viene in mente la sera della sua morte e l’indecisione se prendere la macchina e  partire per andare a salutarlo o restare a casa; poi ancora il funerale e quel Vangelo che non voleva saperne di rimanere chiuso;  e ancora  i suoi occhi carichi di vita, il suo gesto di stizza dalla finestra quando non riusciva a parlare, l’elezione e quel suo voler essere amico e l’umiltà di quel “se sbaglio mi corriggerete”. Altri flash s’affacciano nella memoria: l’attentato e l’apprensione, il bastone ruotato alla GMG, il giubileo del 2000… Poi ancora altri ricordi, come ondate, come quando si pensa a qualcuno “di famiglia” che ci ha lasciato… Nel mio piccolo sono stato fortunato in quanto sono riuscito ad incontrarlo 2 volte, la prima volta a 12 anni, nei giardini vaticani, quando andai a Roma come chierichetto per la beatificazione di don Giovanni Mazzucconi: era il 1984 e ricordo che, mentre visitavamo appunto i giardini, qualcuno avvisò il Pontefice che c’era questo gruppo di “ragazzi” in visita e lui, tra un impegno e l’altro, si fermò con noi per ringraziarci della presenza, per salutarci e per benedirci ed esortarci a continuare nel nostro impegno. La seconda volta che lo incontrai fu’ per per la IV Giornata Mondiale della Gioventù  nel 1989 a Santiago de Compostela. A parte l’esperienza indimenticabile di quel viaggio e pellegrinaggio, a parte il rendermi conto per la prima volta che la Chiesa è davvero “una , santa, cattolica e apostolica”, ricordo ancora la trepidazione e l’attesa del suo arrivo al monte Gozo per la veglia e le sue parole: “A voi, giovani, il compito di farvi testimoni in mezzo al mondo di oggi della verità sull’amore. È una verità esigente, che spesso contrasta con le opinioni e con gli “slogans” correnti. Ma è l’unica verità degna di esseri umani, chiamati a far parte della famiglia di Dio! ” Parole ancora attuali in un mondo che forse non ha ancora imparato ad amare. Probabilmente, come in un gioco, scavando nella memoria altri ricordi, gesti, parole, sguardi, attimi di vita, verrebbero in mente (per esempio le sue purtroppo frequenti visite al “Vaticano III” come lui definiva il policlinico Gemelli di Roma, le “via Crucis” al Colosseo, compreso l’ultima che fece inginocchiato davanti alla tv, la prima mail spedita, l’intervento in diretta Tv da Bruno Vespa), ma ora che, come la folla ha chiesto dal momento stesso della sua,   morte, questo servo di Dio viene innalzato agli onori degli altari, un sorriso si affaccia sul mio viso e la gioia invade il mio animo perché mi sento onorato di aver, seppur per poco, incrociato il mio cammino con un uomo che con la sua vita e soprattutto con la sofferenza dei suoi ultimi anni  mi ha insegnato con i gesti e non solo con le parole che  “amare e portare la croce” non è una cosa impossibile e che ogni uomo, perché lui è rimasto uomo fino all’ultimo momento, può e deve essere  “santo”  ripagando  senza porsi troppe domande l’amore che Dio ha per noi,  senza avere “paura ad aprire, anzi spalancare, le porte a Cristo che sa cosa è dentro l’uomo e che ci parla con parole di vita, sì, di vita eterna!”

E-migranti

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Partimmo in una notte nera come la nostra pelle. In 150 su una barcarola che non riusciva a contenerci. Tutti in piedi, ammassati a combattere col freddo, col sale, contro l’acqua, la paura. Il silenzio interrotto dal pianto di qualche bimbo, prontamente soccorso dal seno della madre. Abbiamo investito i risparmi di una vita per una nuova vita. Non ci guardiamo neppure negli occhi. Abbiamo lasciato un passato, il nostro passato, senza conoscere il futuro. Cerchiamo d’affondare le speranze nelle nostre raidici: volti, voci,madri, padri, mogli,mariti, figli…lasciati alle nostre spalle, per non rischiare, ma forse rischiano più di noi che senza saper nuotare affrontiamo il mare. Ci hanno detto che andremo a nord, ma cos’è il nord? La luce di quella stella luminosa? Una convenzione? Una speranza? Un’incognita? Non è amico il mare, s’ingrossa, quacluno vomita dai parapetti ormai marci dal sale. Ora qualcuno urla, qualcuno prega… Son 3 giorni che navighiamo… poca acqua, qualche panino secco… niente servizi… il sole quando si alza, brucia anche la nostra pelle. Non si vede la meta… Ci chiamano migranti, profughi, clandestini… ma siamo solo uomini in cerca qualcosa di meglio, di un futuro. Ci accontenteremo delle briciole che cadranno dalle tavole di chi non avremo il coraggio di guardare in viso. Nessuno ci darà quella dignità che perdemmo ancora prima di partire. Un rumore, una vedetta…. ci scortano, forse non moriremo in questo mare anche se dentro siamo già morti, ci siamo venduti l’anima per un viaggio senza conoscerne la meta. Alzo lo sguardo, anche se non è ancora agosto, vedo la mia stella cadente…    

Preoccupazione emozionale

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Si legge e si sente in giro grande “preoccupazione” per il discorso sul nucleare dopo quello che è successo in Giappone. Per carità, ognuno è libero di pensare e anche di non pensare. Però vorrei fare qualche riflesione che vada “oltre” la “preoccupazione emozionale”. Come già detto non penso che i Giapponesi siano così “stupidi” di costruire 53 centrali nucleari (non 3… ma 53) sul suo territorio (altamente sismico e non molto più grande dell’Italia) senza prendere le dovute precauzioni. E’ ovvio e sotto gli occhi di tutti che il sisma giapponese è un evento fuori dal comune e che sicuramente ha creato danni speriamo “riparabili” ad una delle su centrali. E’ ovvio e sotto gli occhi di tutti che la centrale non ha retto all’urto del sisma e che ora “c’è” paura. Non lo nego ma non dico che “se lo sono meritato” o, come ho letto in giro, hanno voluto il nucleare e ora “fatti loro” e fortuna che “sono lontani”. Penso invece sinceramente che “bisogna guardare oltre” o, forse indietro. Già, indietro… e poi manco di tanto. Un annetto, anche meno. Nessuno si ricorda ORA cosa è successo nel golfo del Messico? Ma si, abbiamo la memoria corta… Eppure c’è stata una catastrofe ambientale e non solo di cui si è già smesso di parlare, è stato “Messo il tappo”, operazione finita! Ma tutto quel “mare di petrolio” nell’oceano, sappiamo che danni ha causato? Se e come si è sparso nel mondo, se e come “ci tocca”? E dei morti negli anni (o secoli) nelle miniere di carbone? Già, ma il “nucleare” fa paura…  e allora SI ALL’ENERGIA PULITA, per esempio quella idrica…. ma nessuno si ricorda del Vajont? Secondo me va inteso chiaramente e distintamente il RISCHIO EFFETTIVO dalla PERCEZIONE DEL RISCHIO. Ora la percezione del rischio è alta, perchè è appena successo, perchè l’idea di energia atomica è ancora legata alle bombe nucleari, perchè forse è una energia “complicata” che si conosce poco… Però dobbiamo metterci in testa che il petrolio più o meno a breve finirà e allora “che faremo”? Abbiamo paura dei morti che POTREBBERO esserci per il nucleare ma non parliamo mai di quanti morti all’anno ci sono per le polveri PM10. Ora non voglio assolutamente dire che il nucleare è sicuro ma che, forse, nessuna fonte alla fine lo è (direttamente o indirettamente), e poi abbiamo centrali in Francia, Svizzera e Germania e quella energia la compriamo (per esempio dalla Francia). Altri discorsi sono sulla gestione delle scorie, perchè “se non riusciamo a tenere pulita Napoli, che ne faremo delle scorie”? Ma qui forse non è anche “colpa nostra”? Che non siamo capaci di fare valere i nostri diritti e non adempiamo ai nostri doveri? O che comunque e quantunque ci fidiamo e diamo potere a chi “non fa le cose per nostro interesse”? Sapete benissimo che non mi piace parlare di politica e non vogliatemene, vorrei non aprire questo discorso in termini politici, ma solo vorrei lasciare una riflessione “distaccata” da ciò che sta succedendo nel paese del sol levante, poi ben vengano le discussioni su “nucleare si o nucleare no” ma esclusivamente in termini di problemi reali e oggettivi e non su quello che potrebbe succedere, perchè allora – scusatemi tanto – non dovremmo più usare la macchina (ha un serbatoio che puo infiammarsi o, in alcuni casi, sono addirittura A GAS) perchè quanti morti ci sono al giorno sulle strade? Nemmeno usare le bombole del gas in casa e nemmeno il gas “nei tubi” e, forse, non andrebbero bene nemmeno le stufe a legna… non si sa mai… un tizzone…potrebbe dare fuoco a tutto!!!! Per non parlare dei disastri aerei o navali…. insomma…il “rischio” c’è sempre, anche di cadere e sbattere la testa…

Dubbio

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Ho perso giorni e notti aspettando sbocciasse un fiore, che mai vidi, perchè tenevo gli occhi chiusi ed ora che li ho aperti, non ne sento il profumo. Mentre scende la notte mi chiedo se domani mi sveglierò per viverlo, per sognarlo di nuovo o per dimenticarlo.

Il mio nuovo “mezzo” libro: Haiku

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Anche io voglio sostenere nel mio piccolo la ristrutturazione dell’oratorio della parrocchia che frequento. Al momento e’ stata completata ma non ancora finita di pagare la ristruttirazione della sala polifunzionale (ex cinemateatro) GXXII. Ma i sogni sono “grandi” e per finire “tutto il progetto” mancano ancora da rifare i campi sportivi e l’abbattimento e ricostruzione della palazzina dell’oratorio. Inutile snocciolare qui le cifre. Posso invece dirvi cosa ho pensato di fare per aiutare la raccolta fondi, anzi… ve lo faccio vedere: Ho raccolto in questo “libricino” gli Haiku gia’ pubblicati in Fotografie di Pensieri aggiungendone alcuni altri scritti nei 2 anni dall’uscita di F.d.P. Il costo di ogni libro è di 8 Euro + spese di spedizione. per ogni vendita circa 3 euro verranno donate all’iniziativa. Avevo un sogno nel cuore ed è diventato Fotogradie di Pensieri, ora vorrei che il mio sogno(o parte di esso)  possa aiutare a realizzare il sogno di tanti cuori, presenti e futuri. Per ordinare il libro, cliccare sulla copertina o cliccare   —>QUI<—- Chiedo cortesemente a chi acquisterà il libro “solo” per questa finalità di avvisarmi via mail in modo da poter avere un conteggio aggiornato. Grazie

Senza Timore

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Lasciando scivolare il tuo scialle di seta, ti mostrasti a me vestita solo di luna. Morbida e sunsuale t’avvicinasti mostrandoti senza timore. Seduta sulle mie ginocchia ci baciammo, guardandoci negli occhi, scambiandoci i sapori, respirando l’altrui fiato, fino al sorgere del sole.

La mano di Fatima – Ildefonso Falcones

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Nei villaggi delle Alpujarras è esploso il grido della ribellione. Stanchi di ingiustizie e umiliazioni, i moriscos si battono contro i cristiani che li hanno costretti alla conversione. È il 1568. Tra i rivoltosi musulmani spicca un ragazzo di quattordici anni dagli occhi incredibilmente azzurri. Il suo nome è Hernando. Nato da un vile atto di brutalità – la madre morisca fu stuprata da un prete cristiano –, il giovane dal sangue misto subisce il rifiuto della sua gente. La rivolta è la sua occasione di riscatto: grazie alla sua generosità e al coraggio, conquista la stima di compagni più o meno potenti. Ma c’è anche chi, mosso dall’invidia, trama contro di lui. E quando nell’inferno degli scontri conosce Fatima, una ragazzina dagli immensi occhi neri a mandorla che porta un neonato in braccio, deve fare di tutto per impedire al patrigno di sottrargliela. Inizia così la lunga storia d’amore tra Fatima ed Hernando, un amore ostacolato da mille traversie e scandito da un continuo perdersi e ritrovarsi. Ma con l’immagine della mamma bambina impressa nella memoria, Hernando continuerà a lottare per il proprio destino e quello del suo popolo. Anche quando si affaccerà nella sua vita la giovane cattolica Isabel… Un gran bel libro! Non ho letto la cattefrale del male, quindi per me autore “sconosciuto” anche se non di nome. Romanzo storico, ma che fa riflettere sull’integrazione tra 2 culture diverse. Una storia d’amore ma anche storia di una vita, di un popolo, di un regno… Tante pagine che scorrono veloci… colpi di scena, donne, descrizione di crudeltà e amore sublimi. Ricordi… pensieri… fatti… momento storico forse poco conosciuto ma decisivo nella storia spagnola e europea. Un libro da consigliare e da leggere, sotto molti punti di vista.

Voglio

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Le tue mani addosso, la tua lingua sulla pelle, la tua bocca sul mio sesso, i tuoi capelli sul mio petto, la tua voglia urlata nella mia gola, il mio sudore, il tuo stupore, i tuoi occhi, i sospiri, le parole non dette, le lacrime, le tue carezze, attimo che duran una vita, una vita in attesa di quell’attimo.

I moti dell’anima – seconda edizione

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Questo e’ l’attestato di partecipazione al concorso “I MOTI DELL’ANIMA” a cui ho partecipato con 3 poesie: Scrivo per me, Se vuoi essermi amico e Domande dal cuore. Per informazioni sulla serata finale della manifestazione potete leggere qui: positanonews. Io sono stato tra i pochi poeti non presenti e so che e’ stata letta dall’attore “Se vuoi essermi amico”. Il meccanismo della manifestazione prevedeva che ogni autore doveva votare per la composizione che piu’ l’aveva colpito. Gli autori non presenti avevano comunque 1 voto d’ufficio. Io ho ricevuto 3 voti. Non e’ il primo concorso a cui ho partecipato ma e’ il primo che, oltre ai finalisti e ai segnalati, avvisa e rende partecipi anche tutti gli altri. Volevo ringraziare Chao che mi ha segnalato il concorso e l’architetto Maria Rosaria Manzini, curatrice della manifestazione, che mi ha sempre risposto fugando ogni mio dubbio e anzi, ringraziandomi, per le critiche da me esposte. Ora lascio la  “parola” a chi la serata l’ha vissuta. “Serata primaverile a pochi metri dal mare; tra i turisti che girano, alcuni si dirigono nei locali del Museo del Viaggio di Positano. Non sono turisti, ma poeti, richiamati dalla manifestazione “I moti dell’Anima”, un’ iniziativa arrivata alla  seconda edizione, che ha riscosso e confermato un interesse attento e, considerando la posizione e la popolazione del paese, anche piuttosto numeroso. 44 poeti presentano i loro “moti dell’anima”, “foto” dei loro stati d’animo o delle sensazioni suscitate da avvenimenti o pensieri. Qualcuno assente, sicuramente forzato, ma la  presenza era resa quasi tangibile  dalle sue parole affidate alla lettura di un giovane attore della compagnia dei Murattori. Anime di ogni età: ragazzini, adolescenti e signori/e attempati e rappresentanti una buona parte d’Italia e anche un pò di estero, leggono con sentimento quello che hanno messo sui fogli bianchi. Due poesie lette dai poeti presenti ed una recitata dagli attori per coloro che non potevano esserci. Da spettatrice, qualche difficoltà a seguire l’audio di tutte le letture. Sarebbe stato bello avere i testi per non perdere parole che in una poesia non sono mai inutili o superflue. Ogni sei poesie, un piccolo intermezzo musicale, affinchè si potesse riflettere e ordinare nella mente quanto ascoltato. Poesie lunghe come piccoli racconti  e argomenti tra i più vari. Spesso è stato ricordato il paese, forse da coloro che se ne sono allontanati, o la sua vita: il mare, i pescatori, la luna. Molti versi dedicati ai propri cari, altri a persone che hanno lasciato un segno nella storia. La serata scorre tranquilla, nel clima che solo l’amore per la cultura e il sentimento possono creare. Quando tutte le sensazioni sono state espresse, mentre i presenti si rifocillano ad un piccolo buffet, i poeti sono occupati dalla votazione. Ognuno di essi dovrà esprimere tre preferenze; ai non presenti viene assegnato un voto “d’ufficio”, in modo da partire alla pari. Anche ai presenti non poeti sarebbe piaciuto esprimere un giudizio, ma… era giusto che fosse un discorso tra intenditori. Una professoressa romana, prima della premiazione, discorre sugli haiku: li presenta, li spiega, ne legge alcuni. Molti in sala li conoscevano già;  forse solo qualcuno non sapeva cosa fosse questa sintetica forma espessiva giapponese. Premia alcuni haiku dei ragazzi delle scuole che hanno seguito le sue lezioni e, in breve, imparato a comporre queste piccole poesie. I poeti sono attenti; è il momento di leggere i prescelti.  Qualcuno con aria tranquilla si è servito al buffet, ma molti sono rimasti seduti al loro posto, evidentemente compresi nel momento. Terzo posto: Chiara Baistrocchi,  liceale di Napoli, con una poesia ispirata  al mare: “Io e il mare” Secondo posto: Vincenzo Russo, della provincia di Napoli, con un lungo testo in dialetto dedicato a Karol Woitila: “A vuluntà ‘e Dio, Karol ‘na penna e ‘a mana mia”. Vincitrice Giovanna Parlato, ragazza poco più che ventenne di Positano , con “Vorrei..” . Il suo desiderio di vivere intensamente, di vivere bene, di essere e non di adeguarsi, è passato attraverso i desideri espressi in “Vorrei”… E’ passata la  sincerità della speranza e la speranza di chi (ancora?) crede nell’impegno di vivere. Ai tre finalisti un piatto in ceramica; a tutti i partecipanti, assenti compresi, un attestato di partecipazione. La serata per gli spettatori si conclude con la risalita verso casa con qualche bella emozione in più di cui parlare. Per i poeti e gli organizzatori, una cena insieme; persone che non si conoscevano nella maggioranza dei casi, ma che sicuramente avranno saputo di cosa parlare e si  saranno sentiti uniti e affiatati nel condividere la loro comune passione. Per tutti l’appuntamento a tra qualche mese,  in una sera di fine estate, per prendere in mano il frutto tangibile di questa esperienza: il libro che raccoglierà tutte le poesie presentate e qualche breve nota sugli autori. Sarà un altro momento particolare di attenzione allo spirito. I poeti che non hanno potuto leggere le proprie opere ad aprile, potranno farlo in quell’occasione e i “moti dell’anima, le “foto di pensieri”, saranno ancora una volta protagonisti. In conclusione, una serata particolare, prima che il caos del turismo e delle attività estive incalzino; una serata di riflessione, una serata di cultura che non può che far bene a chiunque, compreso Positano e che avrà fatto tirar fuori qualche poesia da qualche cassetto chiuso da tempo. – Chao“

Meglio lontani

Proprio ora che te ne vai, gli occhi diventan rossi e una lacrima si sforza di non scendere per non far vedere la mia debolezza, m’accorgo che di fronte a te non riesco ad esprimere cio’ che sento. T’amo e non te lo so dire guardandoti negli occhi; e ancora una volta, come per tutta la vita. meglio lontani. Mentre forzatamente sorrido, annusando il tuo profumo manifesto ancora in questa casa vuota, m’asciugo quella lacrima aggrappata alle ciglia.

Inverno

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Usando la finestra come tela, abbozzo un arcobaleno, foglie, fiori, cielo azzurro e nuvole. Copro agli occhi, all’anima il grigio dell’inverno, finche’ non apro i battenti ed il freddo riavvolge la vita.

Nel sogno

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T’ho baciata, fermando un granello del tempo e scolpendolo nel corpo e nel cuore. Un bacio ad occhi aperti, il primo, l’ultimo, l’unico. Cadde la clessidra frantumandosi al terreno, rilasciando il tempo, Destandomi trovai una nuova cicatrice sulla pelle all’altezza del cuore, ora d’un granello piu’ pesante.

Dietro ai vetri

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Occhi ovattati da nebbia osservano oltre il grigio. Rumori indistinti protetti da spessi vetri raccontano freneticamente una vita che non m’appartiene. Rastrello il mio giardino, perdendomi nelle sue righe: esistenze linearmente complicate

Il viaggio continua

Ho letto nei tuoi occhi chiusi, percependo la tua anima. Ho capito prim’ancora di te, cio’ che dovevi dirmi. Ho sorriso e allargato le braccia, per donarti ancora la mia spalla. Ti tengo stretta, accarezzandoti i capelli, sapendo che, il viaggio continua.

Un viaggio

“Ma chi me lo ha fatto fare?”. Era questo il pensiero ricorrente di Delia guardando fuori dal finestrino mentre il treno correva. Sola, praticamente da sempre, aveva accettato quell’appuntamento al buio. Si certo, con Michele, conosciuto in un sito di incontri, si erano sentiti e visti tramite la web-cam ma… non si erano mai sfiorati ne’ annusati. Si era preparata con cura Delia, come non faceva da anni. Era stata giorni a scegliere come vestirsi, dando importanza anche all’intimo che doveva essere intrigante ma comunque rimanere sobrio. E poi ai vestiti: aveva scartato da subito il tailleur, poi era iniziato il dubbio tra gonna e pantalone, tra camicia e maglioncino. Alla fine aveva optato per una gonna lunga stile gitana e una camicia bianca molto leggera. L’intimo era rigorosamente nero con rasi e pizzi, un po’ per farlo notare dalla camicia, un po’ per dare contrasto con la sua pelle color latte. Per concludere trucco, smalto e estetista. Quante notti passate a pensare a quel momento, quante voglie represse nel letto, docce fredde e carezze ed ora, che quel benedetto treno correva, avrebbe voluto tornare indietro. Troppi dubbi… troppe aspettative… Bramava e temeva il contatto, il primo contatto, se non avesse dato la scossa, quella scossa? Si sentiva maledettamente una ragazzina al primo appuntamento, tesa e timida ma allo stesso tempo vogliosa e eccitata (durante il viaggio più volte si ritrovò a serrare e rilasciare le cosce e a pensare se chiudersi o meno in bagno). Passavano paesaggi e stazioni e i pensieri continuavano ad alternarsi impazziti come in una danza tribale dove tutto e’ caos in un preciso ordine. Con solo 10 minuti di ritardo il treno la lasciò straniera sulla banchina  in una città che ricordava solo da bambina. Si diresse verso l’atrio, l’appuntamento era all’edicola. Incrociò uno sguardo, che sostenne il suo. Si fermò, le si avvicino. Nessuna parola, solo un lungo, interminabile bacio che la stordì facendole cedere le ginocchia. Michele la prese per mano e la condusse alla sua auto. Le chiese semplicemente “Vuoi?” a cui rispose di si con la testa. Michele mise in moto, direzione una camera per condividere un pomeriggio di passione e d’amore, mentre alla radio un giovane Baglioni cantava burlescamente “la paura e la voglia di essere nudi”.

Tango

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Passo di danza, scivolato e calmo. Occhi negli occhi, intreccio di gambe, di corpi. Amplesso su note sincopate: “pensiero triste che si balla”. Pochi minuti: una storia d’amore e non e’ solo una rosa tra le labbra.

Non piu’ io

Riflesso nello specchio non ho riconosciuto il mio volto. Non son io quello con la canuta fronte, le guance scavate, gli occhi ormai chiusi.Non son io quello con le labbra secche e le gengive vuote.Scherzo, beffa, incubo o realta?Se io, non son piu’ io, che mai sara’ della mia anima?

Non ho scordato.

Non ho scordato il tuo sorriso, il bagliore dei tuoi occhi. la tua dolcezza e le tue dolci carezze all’anima. Non ho scordato la tua dolce voce i tuoi rossori, la tua timidezza e le tue lacrime. T’ho persa per ritrovarti, per riperderti di nuovo, nella speranza di poterti ancora almeno sfiorare, alla luce d’un raggio di sole.

Quando ti perdero’ di nuovo

Non riusciva a smetter di pensarci. Le era impossibile. D’altronde Raffaella era cosi’, ha sempre dovuto focalizzare e arrivare al cuore del problema, prima di poter andare avanti. Erano passati anni ma pensava ancora a lui, cosi’ vicino cosi’ distante. Lui che l’ha delusa, lui che non ha mai saputo aspettarla anche se accettava i suoi silenzi, le sue sparizioni e riapparizioni. Ora era cambiata e le cose erano cambiate, pero’…. un tarlo continuava a tormentarla. Raffaella pensava e scriveva pensieri su un foglio di carta, disegnando con le parole un grande punto interrogativo. Perche’ nonostante tutto ha continuato a pensarlo e a cercarlo? Per la sicurezza che le donava? Per la forza che sapeva trasmetterle? Per quello scintillio che solo lei vedeva nei suoi occhi? Forse semplicemetne perche’ gli voleva bene, quel bene che puo’ andare oltre il tempo e lo spazio, l’uomo e la donna, quel bene senza condizione, senza se e senza ma, quel bene che si puo’ chiamare amore nel significato piu’ puro del termine. Pensava tutte queste cose e sul foglio si susseguivano parole, mare e monti, soli e nuvole, punti di domanda e punti esclamativi. Prima di strappare e gettare il foglio nel fuoco scrisse ancora poche parole, parole che le rimasero marchiate nell’anima: “T’ho perso e non ancora trovato, eppure son qui a pensare a cosa faro’  nel momento in cui ti perdero’ di nuovo”.

Consapevole

Non basta piu’ il quieto sopravvivere. Sguardi assenti e vuote parole riempiono stanze di pacifiche esistenze. Tornare a piangere dal ridere e ridere dal piangere, recuperare  quella luce negli occhi che sapevi donarmi. T’ho persa per poterti ritrovare; accetando le mie colpe e il tuo giudizio, torno a sognare.

Io

Ci sono volte che e’ meglio essere nudi che vestirsi di falso perbenismo. Ed e’ cosi’ che sono oggi. Nudo, per quello che sono, senza paura e senza vergogna. Troppe parole a volte sono dette e date al vento. Stanco del sentitio del e dei “forse credo che” allargo le braccia e dico colpitemi, se volete colpirmi, internatemi se volete interarmi oppure fatemi compagnia… Oggi mi e’ stato detto… “quello sei tu” e chi dovrei essere, un altro? Quello che vogliono “gli altri”? Ligabue – Sulla mia Stada C’è chi mi vuole come vuole un po’ più santo più criminale e un po’ più nuovo un po’ più uguale mi vuole come vuole c’è chi mi vuole per cliente chi non mi vuole mai per niente e c’è chi vuole le mie scuse che ciò che sono l’ha offeso di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada c’è chi mi vuole più me stesso e più profondo, più maledetto e bravo padre e bravo a letto c’è chi mi vuole perfetto di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada di un po’: te come ti vogliono? di un po’ tu come ti vuoi? tu come ti vuoi? sono vivo abbastanza sono vivo abbastanza per di qua comunque vada sempre sulla mia strada Son diventato “cattivo” ed “egoista” porbabilmente non ho piu’ voglia di “farmi il fegato marcio”… prendere o lasciare, senza rancore.. Tolgo la maschera (03/01/2006) Ed ora che consciamente tolgo la maschera dal viso, potrete vedere il mostro che in realtà sono. Io, giocoliere di parole, cerco solo approvazione, gloria e fama! Non fuggite allo sguardo… i miei occhi sono sempre gli stessi, sono solo le parole che ora non ammaliano più e trafiggono l’anima. Ah, stupidi e stolti, non capite? Io vi ho usato e vi sto ancora usando! Fino a quando? Finché non toglierò anche questa maschera e mi ripresenterò con il mio vero volto quello di ieri! (da Fotografie di Pensieri )

Occhi al cielo

 Occhi bassi a non incontrare i miei, per paura, vergogna, timore o timidezza. Mare senza onde, cielo senza nuvole. fiore senza petali, penna senza inchiostro, cornice senza quadro piuma senza ali. In questa tersa notte alza la testa riscoprendoti stella, riprendi il pennello pitturando la tua vita, sorprendimi, sorprenditi, incrociando nuovi e vecchi sguardi, mutando la paura in coraggio e la sopravvivenza in vita.

Ipnotici versi

Se vorrai ascoltare, in questo immane silenzio sentirai la mia voce che nuda gridera’ al vento quel che sono:problemi senza soluzione. risposte senza domande, petali senza fiore, fiume senza sorgente, fuoco senza calore.Accarezzo la tua anima senza fartene accorgere, mentre attendo di sentire la tua. Guardandoci negli occhi, senza riconoscerci, ci perdiamo in cieli sconosciuti, attendendo un familiare suono a interrompere questa  contemporanea ipnosi.  

Spleen

Serpeggia silenziosa questa sensazione di malessere. Un saluto dato o non dato, una parola non corrisposta e tutto diventa macigno. Non risesco piu’ a capire se son straniero in casa mia o in casa d’altri. Pesanti pensieri ingrigiscono la voglia e l’anima, attendo risposte che mai verranno ingoiando ippopotami dal vago sapore di fango. Alzo la testa dalla palude, incrocio gli occhi con un falco, mi rialzo, seguendolo in volo.

27 Gennaio 2009 – Giorno della Memoria

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Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case; Voi che trovate tornando la sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce la pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì e per un no Considerate se questa è una donna Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno: Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole: Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli: O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri cari torcano il viso da voi. Primo Levi – Se questo è un uomo

feste 2008

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Vorrei lasciare un po’ di calore a quei cuori ricoperti di neve. Vorrei lasciare un po’ di calore. a quelle anime perse nel vento, Vorrei lasciare  un po’ di calore a chi si scalda vedendo finestre illuminate. Vorrei lasciare un po’ di calore a chi non ha mai visto il fuoco di un camino. Vorrei lasciare un po’ di calore a quegli occhi rigati di pianto. Vorrei lasciare un po’ di calore, a chi, come me, non ne ha mai abbastanza.

Il tuo sorriso

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Ti ho vista sorridere, guardando il mare, persa nella danza d’uno stormo di gabbiani. Ti ho vista sorridere, guardando il sole, nascere da dietro i ghiacciai, sognante nell’attimo di una favola rosa. Ti ho vista sorridere, portando un figlio al seno, occhi di gioia, gesti d’amore. Ti ho vista sorridere, per una rosa, inaspettato dono d’una sera d’autunno. Osservo ora i tuoi occhi tristi, rinunciatari alla vita, Scruto le tue labbre serrate, sfioro la tua castrata anima, e aspetto di nuovo il tuo sorriso

Fantasmi Metropolitani

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Li incontro tutti i giorni, ai soliti posti ai soliti angoli. Camminano trascinandosi dietro una valigia di sogni perduti, occasioni buttate, coincidenze mancate. Li ho visti in aeroporto aspettare voli che non partono mai, sdraiati sulle poltroncine per tirare mattina, sulle panchine delle stazioni a guardare il tabellone delle partenze e degli arrivi, vagare sui mezzi pubblici cercando calore, raccogliere cicche di sigarette per fumarsi un po’ di tempo, cercare giornarli per coprirsi e qualche avanzo dai cestini. Uomini e donne a cui è passata la voglia anche di parlare, raccontarsi. A volte ti chiedono un caffè o una sigaretta, senza mai guardarti negli occhi, senza mai sentirsi uguali, ma anche loro hanno una dignità, non ti chiedono mai soldi o favori. Sanno di vivere a margine, sui marciapiedi o semplicemente un’altra vita, a volte cercata e voluta, a volte costretta. Carrelli pieni di ciò che resta dei loro ricordi o di quello che serve per vivere. Vivere… Se questo è vivere. A guardarli mi torna in mente la poesia se questo è un uomo di P. Levi. Si, sono uomini, persi nei loro pensieri, nelle loro storie. Amano, sognano, ridono, piangonono. Ci comunicano quello che sono anche solo tramite i loro occhi, attendendo qualcuno che tenda una mano. Fantasmi metropolitani, ad accompagnarmi nella notte…

A volte basta una spinta per accorgersi di saper volare.

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A volte basta una spinta per accorgersi di saper volare, siamo troppo abituati a guardare la terra e i nostri piedi e non siamo più capaci di perderci nel cielo. Gabbiani con le ali rattrappite, fenici incapaci di rinascere dalle ceneri. Abbiamo perso l’abitudine al volo, anche col pensiero, ci si stanno rattrappendo le ali e le idee.Viviamo senza sapere più rischiare, osare, sfidare, lanciarsi, scoprire. Non sappiamo più nemmeno guardare le stelle e cercare la nostra stella polare che ci possa indicare la via. Restiamo con le chiappe appoggiate al terreno e siamo anche capaci di lamentarci che e’ freddo. Ammiriamo e additiamo chi anche solo per poco prova a spingersi oltre, a sollevarsi; anche solo chi e’ in piedi ci pare un gigante. Strisciamo come vermi alla ricerca di umidità, evitando la luce del sole. Non ho piu’ voglia di fare parte di questo mondo sociale, non mi sento piu’ conforme. Voglio aprire ancora le mie ali, perdermi nelle correnti e sentirmi ancora Jonathan Livingston perdendomi nell’infinito tra cielo e mare, voglio ancora emozionarmi per una rosa e lasciare il ricordo del colore del grano a qualcuno, voglio trovare di nuovo la mia fanta imperatrice e darle il nome che serbo nel cuore, voglio ancora inseguire una tartaruga e recuperare il mio tempo, voglio abbandonare il paese dei balocchi e staccare i fili che fanno muovere questi miei arti di legno, nuotare nella terra e camminare sulle acque, passare attraverso i muri, buttare il cuore oltre l’ostacolo, innamorarmi di una principessa e sconfiggere il drago. Spinto oltre il precipizio, ho allargato le ali e mi son accorto di saper volare. M’innalzo sopra le teste di chi non alza gli occhi a guardare, restando chino, perso nel  mondo materiale: soldi, apparire, successo. Depositerei su di loro guano, se non fosse sprecato. Grazie a te, viandante nella nebbia, per quella spinta anche se  e’ più lontano, ora l’orizzonte ha trovato un nome: esistere.

Ancora autunno.

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Si colorano, di nuovo, i monti: fuoco. Torna l’autunno: Spezzo i rami secchi, lascio cadere ancora le foglie che il vento porterà lontano dagli occhi e dall’anima.

Shhhh, silenzio!

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Abbiamo tutti in fondo bisogno di ascoltare il nostro silenzio. Forse pochi lo ammettono ma prima o poi, quello che i “nonni” chiamano esame di coscienza, ci “tocca”. Magari non tutte le sere prima di addormentarsi, quando la vita diventa sogno e il sogno prende vita, magari non davanti a fatti eclatanti che possono sconvolgere l’esistenza, pero’ arriva il momento di cercare, deisderare, pretendere, di ascoltare il proprio silenzio. Siamo sempre tutti pronti a commentare, additare, giudicare gli altri, ma quanto e’ difficile farlo con noi stessi? Un “gioco” che mi e’ sempre piaciuto fin da bambimo e’ quello delle “scommesse/penitenze”, primo per la sfida in se stessa, secondo per la sana e naturale competizione che avviene quando c’e’ qualcosa in palio; bene, dicevo, che fin da piccolo quando, in caso di vittoria, dovevo decretare la penitenza di qualcun’altro veniva fuori il massimo della mia perfidia: “La penitenza? Trovatela da solo”. Gelo, freddo… la persona che avevo davanti si trovava e si trova tutt’ora spiazzata, scegliersi la penitenza e’ ancora piu’  difficile che farla! Se si sceglie qualcosa di semplice, in cuor proprio si sa che non e’ una vera peniteza, scegliere qualcosa di estremamente duro mica e’ facle. Che c’entra tutto questo col discorso? Semplice, anche in quel caso bisogna ascoltarsi. Non si puo’ mentire a se stessi, non ci si riesce… e’ impossibile. E’ proprio verso noi stessi che le nostre critiche diventano ancora piu’ pesanti, feroci, taglienti. Non ci sono maschere, non ci sono balle da raccontare. Il nostro essere parla di noi. Eppure arriva quel momento, quell’attimo in cui ognuno di noi cerca il silenzio! Abbandonato in riva al mare resto zitto ad ascoltare la natura: le onde scivolano lente a intervalli regolari, un gabbiano garrisce volando, una barca a motore si allontana verso l’orizzonte, il vento agita i rami facendo sentire il suo fruscio, dei bambini ridono sulla sabbia. Sento il battito del mio cuore e il mio lento respiro, ho quasi la sensazione di sentire pure i pensieri formarsi. E l’anima grida, in silenzio. Pretende attenzione, la mia! Quante cose ha da dirmi, o da ricordarmi. Chiudo gli occhi, sembra notte. Mi affronto in questo improvvisato ring senza arbtro, spettatori, non ho nemmeno nessuno all’angolo. Mi affronto allo specchio, ogni mossa rifatta uguale e contraria. Mi attacco se attacco, mi difendo se difendo. Nudo verso la meta,  alla ricerca della mia assoluzione. Deserto Quanto è difficile silenziare, rimanere in presenza di se stessi, affrontarsi! Quanto è bello scontrarsi con il nulla, con sé; quel silenzio irreale, freddo e caldo allo stesso contempo. Silenzio, lasciatemi qui nel mio Deserto. 14/12/1989 Shhhhh, Silenzio…. Non ho ancora finito di parlarmi e ascoltarmi, ascoltando il silenzio e penso che mai smettero’ di farlo. L’uomo, perennemente insoddisfatto e costantemente alla ricerca di qualcosa; eppure quelle onde, quel gabbiano, quella barca… non sono gia’ tutto? O quasi?. Pensieri che si attorcigliano e si accavallano. L’uomo, unico essere dotato di intelletto, è il primo essere a spezzare il perfetto equilibrio del mondo e, bene o male, anche io sono un uomo… Prima foto: da www.nikonclub.it – foto di manuela innocenti Seconda foto da: http://www.arabia.it/

Sogno d’estate.

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Notte senza luna, a disegnar figure, con le stelle. Limpido il cielo senza nuvole, milioni di occhi nei miei. Sorrido di un sogno realizzato, mentre attendo la prossima stella cadente. Ora e’ tempo di rincominciare a sognare. 18/08/08

Chi è l’amico assoluto?

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Chi e’ l’amico vero? L’amico assoluto? Colui che ti sorride sempre, o quello che sa anche arrabbiarsi? Colui che ti dice sempre si, o quello che sa urlarti addosso anche i suoi no? Colui che ti da solo pacche sulle spalle, o quello che sa anche darti una sberla? Colui che non critica mai, o quello che sa portare avanti le proprie ragioni? Colui che… meglio star zitti, o quello che nonostante tutto parla? Non so… chi sia l’amico assoluto e se io mai saprò esserlo, ma se tu lo sei bussa alle porte del mio cuore e ti riconoscerò. 03/01/06 liberamente nata e ispirata ascoltando…. Non meritiamo la felicità, insoddisfatti sempre la vita se c’è è una stagione qualunque. Riposa sogno, non svelarti più non puoi bruciarti anche tu La rabbia oramai ha chiuso gli occhi e la mente Com’eri importante. Qui finisce il mondo, la nostra complicità l’amore si arrende Vincere senza più regole senza onestà, ti offende. Resti lì indeciso, sospeso sopra di noi nè ali nè vento Ecco il grande sogno schiacciato dalla realtà Un po’ di pietà… Addio poeti, artisti e navigatori, umanità a colori Almeno voi abbiate giorni migliori. Qualcuno dica no, qualcuno si impegni che è poi la verità a nutrire i sogni Più fantasia così non ti spegni. Qualcuno lo insegni. Io non ti ho venduto, io non ti tradirei mai amico assoluto Vieni da lontano che Cristo ti dedicò il suo accorato saluto. E per tutti i figli che non ti accendono più la nostra preghiera Che la fatica possa stanarci e portarci da te… ancora! Vola… Vola… Nè orgoglio nè paura.. Torna prepotente intrigante, armi ne hai Sei nato vincente Sfidaci a combattere il buio dentro di noi a uscire dal niente Scalda questi venti di pace e sincerità di musica nuova Per raccontarci un sogno sospeso, lasciato a metà Un uomo lo sa che esiste un disegno Incontriamoci là All’alba di un sogno…  

Polaroid da una stazione

Seduto sui gradini della stazione segnava su un quaderno tutti gli arrivi e le partenze, i ritardi e le coincidenze. Non gli sfuggiva niente pero’, ogni minimo particolare, ogni colore, ogni espressione. Solitamnente calmo in mezzo a quella confuzione osservava centinaia di uomini formica muoversi per andare chissa’ dove. L’autoparlante annuncia meccanicamente i numeri dei treni. Vite si sfiorano, sguardi si incontrano, anime si avvicinano ad altre anime, a volte si incastrano l’una dentro l’altra dilatandosi per poi staccarsi. E’ un gioco, e’ la vita… pochi incontri decisivi, molti scontri, a volte anche irritanti. Seduto su  gradini della stazione scriveva. Cadde un foglio, lo raccolsi. Istantanee di vita: – Donna col maglione rosso. Sola. Cerca l’amore. – Uomo d’affari, indaffarato, non sa che sta perdendo la vita. – Nonno coi nipotini, un viaggio a raccontare sogni passati. – Signora corre a casa, l’aspetta il marito affamato. – Ragazza, corre. Deve fare la spesa al discount. – Uomo, occhi tristi. Non piange ma sta morendo dentro. Righe piene di “polaroid”… vere o fasulle… colti attimi di anime perse. Seduto sui gradini della stazione segnava su un quaderno tutti gli arrivi e le partenze, i ritardi e le coincidenze, ma che cercava? La risposta la trovai nei suoi occhi: cercava lo sguardo din un volto perduto nel tempo che gli indicasse il treno per casa.

Il suono della vita

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Un suono, i tasti di un piano. Ricordi, sensazioni, emozioni… Rivivere il passato, pensando al futuro. Gli affetti più cari, che ti accompagnano nella vita, glia amici, il ricordo di essere bambini. E poi ritrovarsi… ritrovare i tuoi occhi nel futuro del tuo futuro…. Il suono della vita, tra malinconia e speranza, ricordi e sorrisi. Il suono della vita, sulle nostre dita, passando tra tasti bianchi e neri…

Solo la meta

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Il fine giustifica i mezzi…. o i mezzi giustificano il fine?   L’idea di "arrivare", il traguardo, lo scopo.   Sogni o desideri da raggiungere. Persi nell’obiettivo distorciamo il presente, inforchiamo binocoli al posto degli occhiali. Sfocature attorno, occhi puntati alla meta ben fissa nella testa, nel cuore, nell’anima. Cavalli da soma, costretti ai paraocchi, buldozzer impazziti a schiacciare il mondo, ci perdiamo il sorriso della carezza di un raggio di sole  

Cosi’ ti sento

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Tristezza e desiderio, paura e decisione. Vita in equilibrio, tra essere e volere, scovo impronte lasciate sull’acqua da esili mani. Brucia l’anima: alba riflessa negli occhi.