Io + Te = Noi
Io + Te = Noi. Quante volte abbiamo visto questa “equazione” , magari sul muro delle nostre città. Solo stanotte mi sono messo a pensare a quanto sia falsa..o incorretta questa “formula” e che molto dipende dal Io e dal Te in questione. Io + Te = Noi significa uguaglianza, parità, due entità che ne diventano una terza, diversa e distinta dalle due che la compongono. Ma non è così… Spesso è un Io + Te = Io e te, anche Io + Te = Io o, peggio ancora, Io + Te = IO, o ancora Io + Te = Te o TE… Quante volte in un rapporto di coppia (che sia amore o sia amicizia o anche solo conoscenza – ma in questo caso ha senso parlare di un “noi”?) prevalgono gli interessi personali, si prevarica l’altro o ci si fa prevaricare dall’altro? Magari per non rovinare tutto, magari perché pensiamo che l’altro/a ci voglia bene o ci ama? Purtroppo viviamo un un’epoca “usa e getta”, dove l’ “Io” imperversa e allora siamo disposti a dire addio con poche parole o nessuna, con frasi di circostanza, con uno “scusa ma” (forse nemmeno sentito); siamo disposti a rinnegare promesse o comunquea parole dette; siamo disposti a fare diventare dei “per sempre” semplicemente dei “fino a quando dico io” o “fino a quando mi dà comodo”; siamo disposti a lasciare moglie, mariti, figli, amici… perché “lo faccio per me”. Certo quando la situazione è malata ben venga, ma spesso quell’”Io + Te = Noi” non è altro che un Io = Noi dove tutto va bene finché “Io” sto bene e poi….grazie e arrivederci. E invece si dovrebbe affrontare i problemi assieme, discutere, anche arrabbiarsi, litigare; si dovrebbe chiedere aiuto all’altro/a; ci si dovrebbe fidare e non “scappare”, facendo (forse) restare tutto solo nei ricordi sbiaditi di una fotografia…. Click.
“Il saltotto del martedì” di Barbara Nipoti
Grazie a Barbara Nipoti e alla sua rubrica “il salotto del martedì” (qui il suo canale) mi sono lasciato un po’ andare parlando di me e del mio ultimo perido… https://youtu.be/89jROXrpTWI
Ed arriva quel momento
Ed arriva quel momento in cui non hai più voglia di guardarti indietro, in cui non conta “la gente”, “i conoscenti”, i rapporti creati e perduti, ma conti tu.Ed arriva quel momento in cui capisci che se perdi la fiducia di chi hai davanti non hai più nulla da poter imparare.Ed arriva quel momento in cui, per il tuo essere schietto e diretto, ti senti tagliato fuori.Ed arriva quel momento in cui ti rendi conto che nemmeno un “addio” è meritato.Ed arriva quel momento in cui “prendetevela con me, ma lasciate stare chi mi è vicino”.Ed arriva quel momento in cui non hai più voglia di ricucire, di sistemare, di fingere che tutto vada bene, di farti prendere ancora in giro.>Ed arriva quel momento in cui non resta che dire grazie, graziella e grazie al……Ed arriva quel momento in cui “posso anche avere torto” ma almeno non mi nascondo dietro le voci e le parole.Ed arriva quel momento in cui giri pagina, chiudi il libro, volgi le spalle, giri i tacchi…Ed arriva quel momento in cui la dai vinta a chi non vedeva l’ora che tu lo facessi.Ed arriva quel momento in cui rimpiangi il tempo, le energie, sprecate per chi sicuramente non ti ha mai compreso e probabilmente non se lo meritava…Ed ariva quel momento in cui…. quel momento arriva.
Pensieri di una domenica di (forse) fine quarantena
Nel silenzioso isolamento, si susseguono diversamente uguali i giorni di questa quarantena.Routine spezzate, vite sospese.Tempo scandito solo dall’alternanza del giorno e della notte, finestre vere e virtuali i soli contatti col mondo.Case diventate prigioni e stanze come celle.Messi in scacco da ciò che ci è ignoto, bramiamo il ritorno a ciò che pensavamo fosse la normalità, nascondendo la paura di aver ancora paura di essere contagiati.Indecisi se essere leoni o pecore lasciamo che parole di altri diventino le nostre, annullando ancora di più quel che siamo.Siamo passati dal non avere tempo ad averne troppo, rimanendo schiacciati dalla sabbia che scende inesorabile dalla clessidra chiamata vita.Troppo presuntuosi nell’ammettere che ci manca un abbraccio, bramiamo una ripartenza che comunque ci terrà ancora lontani.Incapaci dal riconoscerci fragili, ripariamo le nostre inutili armature verso un nemico invisibile che ci porta a scontrarci tra di noi invece che ad unirci.In una società del tutto e subito, siamo costretti ad aspettare un vaccino senza accorgersi che l’isolamento lo avevano già prima quando come formiche non collaborative brulicavano aria, suolo e sottosuolo di questo nostro mondo che, forse, ci ha voluto solo avvisare della sua presenza.Prima o poi torneremo alle nostre vite più o meno uguali a prima, torneremo a correre, a muoverci, a litigare per un posto in fila, a suonare clacson e a rimandarci a quel paese….quasi come se tutto questo non fosse mai esistito o come una brutta esperienza da raccontare si nipoti….Spero solo che non sia stato tutto vano, che non sia proprio così. Spero che ci ricorderemo di quel mancante abbraccio, comprendendo che siamo parte di un tutto e non il tutto di una parte.
5na
E così, dalla sera alla mattina, ti ritrovi in quarantena, o meglio nel mio caso, in cinquena… Il 9 marzo scorso sono venuto a contatto (sono stato nello stesso ambiente) con una persona che da 2 giorni è in ospedale risultando positiva. Positivo… Che strana parola… Consideriamo sempre l’accezione migliore del termine ma questa volta, scusate il gioco di parole, non c’è nulla di positivo in questo “verdetto”. Eppure qualcosa di positivo, come già detto precedentemente, voglio trovarlo in questa situazione (tralasciando le paure che aumentano ad ogni colpo di tosse o respiro lungo, o pensando a chi ti è vicino)….Potrei ritirare fuori la chitarra o finire quel libro, o vedere quella serie TV che avevo abbandonato, o dare una mano a quel gruppo online, o semplicemente dormire e riposare…. Ma quanto è difficile se la tua testa “gira” senza darti retta… No, io voglio sorridere e pensare a questi 5 giorni, con ancora maggiori restrizioni, come ad un’opportunità per progettare il disegno di ciò che sarò nel momento in cui potrò (potremo) riapririre la porta di casa e dell’anima.
E ti capita di aspettare….
E ti capita di aspettare un gesto, una parola. E ti capita di aspettare un abbraccio, un bacio, un sorriso. E ti capita di aspettare che qualcuno si ricordi, che qualcuno TI ricordi. E ti capita di aspettare di voler aspettare, perché sei stanco di correre e rincorrere, di gettare semi aspettando che almeno cresca l’erba cattiva; sei stanco di mendicare qualcosa che probabilmente non ci sarà mai, non ci sarà più, forse non c’è mai stata. E allora… E allora ad un certo punto smetti di aspettare, giri pagina, attraversi il ponte, più semplicemente metti una nuova pezza alla corazza che hai attorno al cuore, chiudi il lucchetto e butti la chiave…
Silenzi e parole
Ci son silenzi che assordano e altri che urlano, silenzi che non ti spieghi ed altri che ti aspetti, silenzi da paura, silenzi da rifiuto. Silenzi… ricercati nel caos, non voluti nel bisogno…quando una parola, quella parola, di quella persona o detta in un determinato modo ti cambierebbe non solo la giornata ma magari “la vita”. Una mail, un messaggio, un “EHI…CI SONO”, un “HAI BISOGNO?” Un “CHIAMAMI A QUALSIASI ORA” possono rappresentare il tesoro più grande. E poi ci sono le attese, spesso disilluse…quando, come diceva Confucio, la mano che cerchi nel momento del bisogno è solo quella che trovi alla fine del tuo braccio…. E continui ad illuderti… aspettando QUEL GESTO e QUELLA PAROLA… che non arriva da chi ti aspetti ma da chi magari avevi tu dimenticato… e se felice…e triste… euforico…e “depresso”. Ecco… il poter delle parole…perché la stessa cosa detta da chi “non ti aspetti” non ha lo stesso potere di quella uguale che avrebbe potuto dirti “chi ti aspetti”? Perché non sappiamo gioire di quello che c’è e cerchiamo, vogliamo sempre “altro” o…da qualcun altro? E allora: “Vivi ogni giorno come se fosse ogni giorno. Né il primo né l’ultimo. L’unico.”. Pablo Neruda
Quel senso di inquietudine
E poi ti assale quel senso di inquietudine: umore grigio come il cielo di questa giornata d’ottobre e anima umida come nebbiolina leggera. Impotente di fronte a scelte incomprensibili resti tra l’accettare, l’incazzarti, l’andartene o l’attendere. Stanco di parole al vento e di promesse non mantenute per paura od orgoglio. Stanco d’attendere un “proviamoci” al posto di un forse. Stanco di pensare per due, trovandosi di fronte ad un uno. Chiaro il percorso nella mente, chiaro l’obiettivo e le eventuali rinunce, oscuro il capire se quanto credi è recepito da chi non dovrebbe nemmeno chiederti le priorità. Ed una malinconia s’insinua nelle vene… lasciandoti come dopo un pianto senza lacrime
Pensieri di prima mattina
Passano diversamente uguali questi ultimi giorni, scanditi da notizie e da orari, da sorrisi e affaticamenti. Si perdono le date e i riferimenti, cercando la luce in fondo al tunnel, avvicinandosi ad essa, con la paura di ostacoli imprevisti. Preghiera, fede, comunione, bene comune, speranza, pensieri positivi, dita incrociate… attendendo una data, un pronunciarsi che arriverà quando non te lo aspetti. Lotto, lotta, lottiamo ogni momento…piú dura è la prova, piú grande sará la gioia una volta superata.
Nel momento del bisogno…
E’ proprio nel momento del bisogno che scopri parecchie cose… Porte che avresti pensato sprangate che “miracolosamente” si aprono, porte che credevi aperte che “inspiegabilmente” rimangono chiuse. Voci lontane che sentivi vicine che tacciono, voci vicine che sentivi lontane che gridano. Persone con cui non prenderesti nemmeno un caffè che “ti offrono il pranzo, persone da cui ti aspetteresti “anche il letto” che nemmeno ti passano lo zucchero. Ed è così, è la vita… Forse c’è chi non vuole interferire col tuo dolore e chi poi interviene troppo; forse c’è chi “nemmeno due righe” perchè non “si vuole esporre”; forse c’è chi da troppo a nulla e chi da nulla troppo… E pensi, rifletti, resti indeciso se cambiare le priorità che hai dato, il tempo che hai perso, la fiducia donata… ma poi dici chissenefrega, ognuno in fondo si dimostra per quello che è e che ha, pure io con questo sfogo non sfogo, con questa riflessione inutile… Continuerò a crederci nelle persone, anche se forse è il momento di aspettare di ricevere, prima di dare…
E quando sei li…
E quando sei li ad augurarti che il telefono non suoni, a sperare che pian piano tutto si sistemi, a chiedere l’auto di chiunque possa esprimere un pensiero, una preghiera… E quando sei li che non dormi la notte… E quando sei li che mangi poco e vivi male… E quando sei li che i tempi sono scanditi “dagli orari delle visite”… E quando sei li che attendi una parola “buona” da un “camice”… E quando sei li che non sai più a cosa pensare… Riscopri la vera verità… bisogna vivere e non sopravvivere, perché tutto può finire in un attimo, senza se e senza ma… Trovi la forza di andare avanti, col sorriso e la spreranza… Capisci che devi “lottare” (almeno) per e in due.
V come Vendetta – lettera di Valerie
Ieri notte hanno passato un tv il fil “V come Vendetta”. Non l’avevo mai visto se non qualche spezzone. Al di là del film in sé che non voglio commentare, volevo soffermarmi su un pezzo di una lettera che, ad un certo punto della storia, viene letta: Dalla lettera di Valerie: “Noi svendiamo la nostra onestà molto facilmente, ma in realtà è l’unica cosa che abbiamo, è il nostro ultimo piccolo spazio… All’interno di quel centimetro siamo liberi. [..]Morirò qui… tutto di me finirà… tutto… tranne quell’ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere. Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino“ Stranamente quando ascoltavo questi passaggi mi veniva in mente il discorso di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica” Discorso negli spogliatoi di Tony D’Amato “E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro, e io so che se potrò avere una esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì, in questo consiste. In quei 10 centimetri davanti alla faccia” E il “punto” è tutto qui… e non solo perché si parla di centimetri. Quanto siamo disposti a “cedere” per quel centimetro? Quanto siamo disposti a sacrificarci per quei “10 centimetri”? Al giorno d’oggi il commercio di “false onestà” è talmente inflazionato che non sappiamo nemmeno più riconoscere tra visi fasulli e maschere reali (o visi reali e maschere fasulle?). Incapaci di trovare ideali, slanci, obiettivi ci “lasciamo vivere” da chi decide a come dobbiamo sopravvivere. V diceva “Le idee sono a prova di proiettile”… le idee dobbiamo averle, crearle, coltivarle, viverle… Fintanto che il politico, attore, cantante, comico, anchorman di turno ci dirà cosa pensare, come pensarlo e anche quando pensarlo saremo sempre sotto il controllo dell’Adam Sutler di turno, senza possibilità di difendere o guadagnare “il nostro centimetro”.
Lettera inedita di Primo Levi ad una bambina
25/4/83 Cara Monica, la domanda che mi poni, sulla crudeltà dei tedeschi, ha dato molto filo da torcere agli storici. A mio parere, sarebbe assurdo accusare tutti i tedeschi di allora; ed è ancora più assurdo coinvolgere nell’accusa i tedeschi di oggi. È però certo che una grande maggioranza del popolo tedesco ha accettato Hitler, ha votato per lui, lo ha approvato ed applaudito, finché ha avuto successi politici e militari; eppure, molti tedeschi, direttamente o indirettamente, avevano pur dovuto sapere cosa avveniva, non solo nei Lager, ma in tutti i territori occupati, e specialmente in Europa Orientale. Perciò, piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria, perché chi voleva veramente conoscere la verità poteva conoscerla, e farla conoscere, anche senza correre eccessivi rischi. La cosa più brutta vista in Lager credo sia proprio la selezione che ho descritta nel libro che conosci. Ti ringrazio per avermi scritto e per l’invito a venire nella tua scuola, ma in questo periodo sono molto occupato, e mi sarebbe impossibile accettare. Ti saluto con affetto Primo Levi Articolo completo: http://www.lastampa.it/2015/01/23/cultura/gli-avevo-chiesto-come-potevano-essere-cos-cattivi-yujG71cq0e9HlC0SBwQMGP/pagina.html
_/°;°/_
muto consenso gambe divaricate grembo fecondo
Ed è passato…
…un altro compleanno… Tra auguri “falsi” e auguri “veri”… tra auguri che ti hanno commosso e altri che ti han fatto ridere, tra auguri arrivati inaspettato e quelli che proprio non sono arrivati… tra quelli freddi e quelli caldi.. anche se magari solo “scritti”.. Ma in fondo è giusto così… inutile fantasticare, aspettare, sperare…ognuno di noi ha seminato… ma non è solo dalla semina che dipende il buon raccolto, molto dipende anche dalla terra e dai fattori atmosferici… Così…in giorni come questi scopri chi ti è realmente “vicino”… chi sa come e quando farti gli auguri e chi è… 41 anni che “sbaglia”…o quasi … E poi che c’è da fare gli Auguri? Uno INVECCHIA e gli si dice pure AUGURI… in poche parole gli si AUGURA DI INVECCHIARE!!! E alla fine? Che rimane di tutto questo discorso? rubati attimi osservando il tramonto nel genetliaco
Cammino
Camminai, solo per il gusto di camminare. Nessuna meta, nessun traguardo, nessuna destinazione…. Camminai, dormendo sotto i ponti o le stelle, condividendo il pane coi raminghi come me, bevendo la pioggia, rinfrescandomi nei ruscelli… Camminai, a piedi nudi, la mattina, nei prati ancora bagnati di rugiada, nei corsi secchi dei fiumi, riparandomi nei boschi. Camminai, per dimenticare chi fossi, ritrovando me stesso. Camminai…a volte solo, a volte in compagnia…. Camminai… salite e discese…. attraverso paludi e fiumi, sullo sterrato e sull’asfalto…. Camminai… dal primo vagito ad oggi… che stanco mi fermo… Camminai… giorno per giorno, attimo per attimo… Camminai… la mia vita.
In un letto troppo grande
Nuda e sola, simulano le tue mani Il ricordo di un uomo lontano. Solitario piacere, fino a chiudere gli occhi, lasciando una mano tra le umide cosce.
oggi piove
Strano quando silenzi si alternano parole e quando poi le parole di colpo mancano. Sensazioni s’alternano… F o t o g r a f a n d o p e n s i e r i , f i u m i d i p a r o l e . . . v e r s o u n m a r e d i t r a n q u i l l i t a ‘ D I V I S I O N E …. P A U R A … Causa e rimedio… Mantenere e pedere… F a n t a s m i . . . E mi ritrovo unito a cio’ che ero, follemente piu’ forte e anche deciso. Non aspetto sentenze Riscopro cio’ che non ho mai scordato In questo deserto non sono solo. N O I
Disquisizione semiseria sugli Haiku
Gli Haiku Wikipedia L’haiku è un componimento poetico nato in Giappone, composto da tre versi per complessive diciassette sillabe. Cascina Macondo 1) HAIKU – definizione di Cascina Macondo L’ Haiku è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 – 7 – 5 sillabe. Deve contenere il Kigo (un riferimento alla stagione) o il Piccolo Kigo (un riferimento ad una parte del giorno) 2) SENRYŪ – definizione di Cascina Macondo Il Senryū è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 – 7 – 5 sillabe che non contiene il Kigo, né il Piccolo Kigo. 3) HAIKAI – definizione di Cascina Macondo L’ Haikai è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 –7 –5 sillabe con connotazione decisamente umoristica, comica, demenziale. Può o no contenere il Kigo o il Piccolo Kigo. Non bisogna confonderlo con l’haiku pervaso dallo stato d’animo Karumi (la delicatezza, la leggerezza, l’innocenza, il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica). Nell’haikai la connotazione umoristica è decisamente marcata. Isoladellapoesia.com L’haiku è un componimento poetico la cui struttura tradizionale è formata solo da tre versi, rispettivamente di 5-7-5 sillabe, per un totale dunque di 17 sillabe. Si tratta di una delle forme più importanti, e probabilmente più conosciute all’estero, di poesia tradizionale. Creato in Giappone nel secolo XVII, l’haiku ha come soggetto scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell’animo dell’haijin (il poeta) Filosofipercaso.it Nella letteratura giapponese, gli haiku rappresentano una parte molto importante nella cultura nipponica. Il compito di base e’ di testimoniare la verità, tornando ad un linguaggio puro semplice e istintivo. L’energia vitale si svela alla mente priva di schemi e pregiudizi . Nella loro semplicità esprimono l’esigenza dell’uomo di essere tutt’uno con la natura. La poesia haiku, và sempre interpretata come testimonianza di una visione , la propria visione. E si potrebbe continuare a riportarne altre definizioni, ma non mi sembra il caso. Iniziamo con lo stabilire dei punti fermi: L’haiku nasce in Giappone nel XVII secolo ed e’ un componimento di 17 sillabe diviso su 3 strove di 5 – 7 – 5 sillabe. L’haiku classico, al suo interno prevede l’inserimento del Kigo o del piccolo Kigo (riferimento esplicito o implicito alle stagioni o alle parti del giorno). L’haiku “rappresenta quello che accade mentre accade”. Inutile affermare che questo tipo di poesia nasce e si sviluppa all’interno di una cultura Buddista Zen: la semplicita’, la ricerca, quel desiderio di spingere lo sguardo oltre alle semplici parole sono le caratteristiche degli haiku.. E’ quindi una poesia facile? No, assolutamente. Proprio per quanto detto poc’anzi: la semplicita’ e’ solo nella “forma”, mentre il contenuto porta ad esplorare l’animo umano mettendolo a confronto con quello che lo circonda. Uno studioso zen di haiku una volta ha affermato “Davanti allo stupore e al silenzio anche 17 sillabe possono essere troppe”: e’ proprio questo il senso dell’haiku, parole come pennellate, segni leggeri ed essenziali, nulla lasciato al caso, ma al contempo nulla di superfluo. E’ con questo intento che mi sono accostato a questo genere di poesia, che mi e’ stata fatta conoscere da un “amico di web”. Probabilmente, volendo essere precisi, i miei componimenti spaziano dall’haiku al senriu o, se si preferisce, si potrebbero definire haiku moderni (essendo che alcuni non parlano del legame Natura/Uomo); nonostante cio’ lo spirito che mi porta a scrivere questi haiku e’ quello descritto in precedenza. Come accennato prima l’haiku ha anche una “cultura moderna” o, a mio avviso, occidentalizzata, se posso considerare haiku anche componimenti che non abbiano il kigo o il piccolo kigo, mi riesce difficile accettare come haiku componimenti che dalla regola 5/7/5 sono passati alla regola “quanto/mi/serve”. Certo puo’ capitare (e vi sono studi che supportano questa teoria) che si tolga o si aggiunga qualche sillaba per mantenere il senso della poesia, ma restano eccezioni, non un sistematico infrangere delle “regole”. Come ultima considerazione poi, vorrei ricordare che gli haiku sono insegnati anche nelle scuole (p.e. Usa e Marocco) ed e’ proprio dai componimenti dei bambini che spesso riusciamo a ritrovare (soprattutto in occidente) quella semplicita’ che deve caratterizzare l’haiku, facendo in modo di ribaltare le nostre convinzioni fino a considerare “maestri” chi e’ si’ privo di cultura ma anche di quelle “architetture ideologiche” che portano l’uomo istruito a non riuscire a spingere lo sguardo oltre a quello che risulta apparente. Curiosita’ Un personaggio dei romanzo It di Stephen King, da ragazzino, scrive su una cartolina un haiku per conquistare la ragazzina di cui è innamorato, il cui testo è: Brace d’Inverno I capelli tuoi Dove il mio cuore brucia Anche Ian Fleming si cimenta in un Haiku (nella concezione moderna) infatti il libro “Si vive solo 2 volte” fa proprio riferimento ad un Haiku che Bond compone su invito del Tigre: ”Si vive solo due volte una volta quando si nasce e una volta quando si guarda/la morte in faccia” Contro decalogo per scrivere gli Haiku (http://oradistelle.altervista.org) 1. L’haiku NON è una sentenza, un giudizio o un commento con scopi didattici o morali, né tantomeno è un qualunque pensiero frazionato in tre versi. 2. L’haiku NON è un quadretto pittoresco da incorniciare con belle parole… 3. … e NEPPURE la generalizzazione di una situazione; l’attenzione, infatti, va focalizzata su un evento, un luogo o un momento particolare, poiché catturare la natura delle cose è l’essenza dello haiku. 4. NON è una summa filosofica, ma deve comunque avere una sua profondità. Un buon haiku non è piatto, ma pluridimensionale. 5. Lo haiku NON è una dimostrazione di artifici retorici, né un gioco. 6. L’haiku NON deve per forza trattare del primo oggetto che ci compare sotto gli occhi (per quanto bello o brutto esso sia) o della prima idea che ci viene in mente. L’haiku dovrebbe esser frutto della riflessione (ossia: l’ispirazione deve
Celentano
So che mi attirero’ le ire di qualcuno (o di molti) e premetto che: 1) Non me ne frega nulla se qualcuno si offendera’ 2) Per impegni personali ieri non ho sentito il discorso di Celentano ma ho letto i commenti che ho trovato online; comunque volevo dire al sig. Celentano che: “Non sono d’accordo con le tue opinioni, ma difenderò sempre il tuo diritto ad esprimerle. Voltaire” Cio’ nonostante pero’ non capisco perche’ debba pagare per permetergli di espiremere le sue opinioni. E non venitemi a dire che li dona in beneficenza perche’ anche io son capace di fare beneficenza se mi danno 350 mila euro (o 700 se fa piu’ sere); se avesse voluto fare beneficenza (che per inciso solitamente si fa ma non si dice) avrebbe potuto farla PRIMA e intascarsi il compenso… Altra cosa che non capisco e’ poi perche’ un cantante (perche’ di questo si tratta) debba fare la morale… capisco un comico che possa fare satira (vedi Luca e Paolo) ma non capisco predicozzi (condivisi o meno) da un cantante… Certo che se poi paragoniamo l’intervento con quello di Benigni (che non apprezzo manco lui appieno) l’anno scorso…. CHE NOSTALGIA!!!
Propositi…
Quest’anno non ho fatto bilanci… e nemmeno propositi…di certo non è andato tutto bene… ma non posso nemmeno dire che è andato tutto male… Diciamo che è andato…forse son riuscito a “vivere” un po’ più intensamente alcuni momenti che prima lasciavo correre, ma non ne sono nemmeno tanto sicuro. Non ho vinto, ma non ho nemmeno perso. E’ “solo ” passato un altro anno.. e quello che viene mi porta verso gli “anta”… Ho trovato online dei “propositi” universali, immodestamente mi son permesso di tradurli… penso che questi possano diventare gli obiettivi di quest’anno, almeno per me.
Attesa
Una sala vuota, ventotto quadri, un tavolo, libri e volantini. Un’ora, tra un’ora si inaugura la mostra e la presentazione di un libro, il mio libro Haiku. Preoccupato? Forse più ansioso e in attesa. Attesa di capire cosa accadrà. Poi c’è il mescolare pittura e poesia, unire l’arte, per quanto “piccola”, almeno nel mio caso essa possa essere, ad altra arte. Solo, attendo. Tra poco non potrò nascondermi. Voglio vivere il momento, attimo per attimo, poi accada quel che accada.
Incongruenze?
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo Articolo 27 «Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.» << Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione >> Articolo 21 della Costituzione Italiana, comma 1 ——————————— Il Disegno di legge – Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) recita: «Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.» ——————————— MAH! Secondo me qualcosa non torna…
Lezioni di vita…trovate online
Lezione n° 1 Un uomo va sotto la doccia subito dopo la moglie e nello stesso istante suonano al campanello di casa. La donna avvolge un asciugamano attorno al corpo, scende le scale e correndo va ad aprire la porta: è Giovanni, il vicino. Prima che lei possa dire qualcosa lui le dice: “ti do 800 Euro subito in contanti se fai cadere l’asciugamano!” Riflette e in un attimo l’asciugamano cade per terra… Lui la guarda a fondo e le da la somma pattuita. Lei, un po’ sconvolta, ma felice per la piccola fortuna guadagnata in un attimo risale in bagno. Il marito, ancora sotto la doccia le chiede chi fosse alla porta. Lei risponde: “era Giovanni”. Il marito: “perfetto, ti ha restituito gli 800 euro che gli avevo prestato?” Morale n° 1: Se lavorate in team, condividete sempre le informazioni! Lezione n° 2 Al volante della sua macchina, un attempato sacerdote sta riaccompagnando una giovane monaca al convento. Il sacerdote non riesce a togliere lo sguardo dalle sue gambe accavallate. All’improvviso poggia la mano sulla coscia sinistra della monaca. Lei lo guarda e gli dice: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Il prete ritira subito la mano e si perde in mille scuse. Poco dopo, approfittando di un cambio di marcia, lascia che la sua mano sfiori la coscia della religiosa che imperterrita ripete: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Mortificato, ritira la mano, balbettando una scusa. Arrivati al convento, la monaca scende senza dire una parola. Il prete, preso dal rimorso dell’insano gesto si precipita sulla Bibbia alla ricerca del salmo 129. “Salmo 129: andate avanti, sempre più in alto, troverete la gloria…” Morale n° 2: Al lavoro, siate sempre ben informati! Lezione n° 3 Un rappresentante, un impiegato e un direttore del personale escono dall’ufficio a mezzogiorno e vanno verso un ristorantino quando sopra una panca trovano una vecchia lampada ad olio. La strofinano e appare il genio della lampada. “Generalmente esaudisco tre desideri, ma poiché siete tre, ne avrete uno ciascuno”. L’impiegato spinge gli altri e grida: “tocca a me, a me….Voglio stare su una spiaggia incontaminata delle Bahamas, sempre in vacanza, senza nessun pensiero che potrebbe disturbare la mia quiete”. Detto questo svanisce. Il rappresentante grida: “a me, a me, tocca a me!!!! Voglio gustarmi un cocktail su una spiaggia di Tahiti con la donna dei miei sogni!” E svanisce. Tocca a te, dice il genio, guardando il Direttore del personale. “Voglio che dopo pranzo quei due tornino al lavoro!” Morale n° 3: Lasciate sempre che sia il capo a parlare per primo! Lezione n° 4 In classe la maestra si rivolge a Gianni e gli chiede: ‘Ci sono cinque uccelli appollaiati su un ramo. Se spari a uno degli uccelli, quanti ne rimangono?’ Gianni risponde: “Nessuno, perché con il rumore dello sparo voleranno via tutti”. La maestra: “Beh, la risposta giusta era quattro, ma mi piace come ragioni”. Allora Gianni dice “Posso farle io una domanda adesso?” La maestra: Va bene. “Ci sono tre donne sedute su una panchina che mangiano il gelato. Una lo lecca delicatamente ai lati, la seconda lo ingoia tutto fino al cono, mentre la terza dà piccoli morsi in cima al gelato. Quale delle tre è sposata?” L’insegnante arrossisce e risponde: “Suppongo la seconda… quella che ingoia il gelato fino al cono”. Gianni: “Beh, la risposta corretta era quella che porta la fede, ma… mi piace come ragiona”!!! Morale n° 4: Lasciate che prevalga sempre la ragione. Lezione n° 5 Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto: “Sono cieco, aiutatemi per favore”. Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un’altra frase. Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote. Il non vedente riconobbe il passo dell’uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato. Il pubblicitario rispose: “Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo”. Sorrise e se ne andò. Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto: “Oggi è primavera e io non posso vederla”. Morale n° 5: Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che poi andrà meglio. Se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con professionalità, rispondi che l’Arca di Noè è stata costruita da dilettanti e il Titanic da professionisti…. Per scoprire il valore di un anno, chiedilo ad uno studente che è stato bocciato all’esame finale. Per scoprire il valore di un mese, chiedilo ad una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto. Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all’editore di una rivista settimanale. Per scoprire il valore di un’ora, chiedilo agli innamorati che stanno aspettando di vedersi. Per scoprire il valore di un minuto, chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l’aereo. Per scoprire il valore di un secondo, chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente. Per scoprire il valore di un millisecondo, chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d’argento. Il tempo non aspetta nessuno. Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un grande valore. Condividilo con una persona speciale, e diventerà ancora più importante.
Nel genetliaco
Mentre s’aprono nuove pagine da scrivere per questo nuovo anno di vita, un invito nasce dall’anima. Non porgetemi saluti e festeggiamenti non sentiti. Cio’ che non viene dal cuore, inasprisce il mio. Voci di chi, per sangue o interesse ha incrociato il mio cammino, mi risultano lontane, inutili; mentre col fuoco, redigo l’ennesimo bilancio d’un anno passato, forse, ancora poco vissuto.
Il mio ricordo di un grande uomo.
Riporto l’articolo che è stato pubblicato sul “mio” giornalino parrocchiale. Penso di non offendere nessuno e, comunque, espirmo quello che penso e che sento. Giovanni Paolo II è sicuramente stato un grande uomo oltre che, a mio avviso, un grande Papa. Gradirei che i commenti possano essere rivolti a quanto da me scritto e sulla sua figura e non,come purtroppo spesso accade, sulla “Chiesa”, sui “preti”, sul “potere” e via discorrendo. Penso che persone come Papa Giovanni Paolo II possano e debbano essere giudicate per quanto fatto nella loro vita, per quanto detto, per quanto vissuto… come giustamente viene fatto con altre figure come Madre Teresa, Martin Luther King, Ghandhi, il Dalai Lama, etc etc etc. Se mi viene chiesto di riflettere sulla figura di Karol Józef Wojtyła non mi viene in mente un suo discorso ma tanti piccoli flash che assieme compongono la figura di quello che a torto o ragione io considero come “il mio” Papa. Come prima cosa mi risuona nella testa la canzone di Minghi “Un uomo venuto da molto lontano “: “Un uomo che parte, vestito di bianco, per mille paesi e non sembra mai stanco “, quanto ha viaggiato per il mondo questo successore di Pietro, portando la Parola e l’Amore in ogni continente!Poi mi viene in mente la sera della sua morte e l’indecisione se prendere la macchina e partire per andare a salutarlo o restare a casa; poi ancora il funerale e quel Vangelo che non voleva saperne di rimanere chiuso; e ancora i suoi occhi carichi di vita, il suo gesto di stizza dalla finestra quando non riusciva a parlare, l’elezione e quel suo voler essere amico e l’umiltà di quel “se sbaglio mi corriggerete”. Altri flash s’affacciano nella memoria: l’attentato e l’apprensione, il bastone ruotato alla GMG, il giubileo del 2000… Poi ancora altri ricordi, come ondate, come quando si pensa a qualcuno “di famiglia” che ci ha lasciato… Nel mio piccolo sono stato fortunato in quanto sono riuscito ad incontrarlo 2 volte, la prima volta a 12 anni, nei giardini vaticani, quando andai a Roma come chierichetto per la beatificazione di don Giovanni Mazzucconi: era il 1984 e ricordo che, mentre visitavamo appunto i giardini, qualcuno avvisò il Pontefice che c’era questo gruppo di “ragazzi” in visita e lui, tra un impegno e l’altro, si fermò con noi per ringraziarci della presenza, per salutarci e per benedirci ed esortarci a continuare nel nostro impegno. La seconda volta che lo incontrai fu’ per per la IV Giornata Mondiale della Gioventù nel 1989 a Santiago de Compostela. A parte l’esperienza indimenticabile di quel viaggio e pellegrinaggio, a parte il rendermi conto per la prima volta che la Chiesa è davvero “una , santa, cattolica e apostolica”, ricordo ancora la trepidazione e l’attesa del suo arrivo al monte Gozo per la veglia e le sue parole: “A voi, giovani, il compito di farvi testimoni in mezzo al mondo di oggi della verità sull’amore. È una verità esigente, che spesso contrasta con le opinioni e con gli “slogans” correnti. Ma è l’unica verità degna di esseri umani, chiamati a far parte della famiglia di Dio! ” Parole ancora attuali in un mondo che forse non ha ancora imparato ad amare. Probabilmente, come in un gioco, scavando nella memoria altri ricordi, gesti, parole, sguardi, attimi di vita, verrebbero in mente (per esempio le sue purtroppo frequenti visite al “Vaticano III” come lui definiva il policlinico Gemelli di Roma, le “via Crucis” al Colosseo, compreso l’ultima che fece inginocchiato davanti alla tv, la prima mail spedita, l’intervento in diretta Tv da Bruno Vespa), ma ora che, come la folla ha chiesto dal momento stesso della sua, morte, questo servo di Dio viene innalzato agli onori degli altari, un sorriso si affaccia sul mio viso e la gioia invade il mio animo perché mi sento onorato di aver, seppur per poco, incrociato il mio cammino con un uomo che con la sua vita e soprattutto con la sofferenza dei suoi ultimi anni mi ha insegnato con i gesti e non solo con le parole che “amare e portare la croce” non è una cosa impossibile e che ogni uomo, perché lui è rimasto uomo fino all’ultimo momento, può e deve essere “santo” ripagando senza porsi troppe domande l’amore che Dio ha per noi, senza avere “paura ad aprire, anzi spalancare, le porte a Cristo che sa cosa è dentro l’uomo e che ci parla con parole di vita, sì, di vita eterna!”
E-migranti
Partimmo in una notte nera come la nostra pelle. In 150 su una barcarola che non riusciva a contenerci. Tutti in piedi, ammassati a combattere col freddo, col sale, contro l’acqua, la paura. Il silenzio interrotto dal pianto di qualche bimbo, prontamente soccorso dal seno della madre. Abbiamo investito i risparmi di una vita per una nuova vita. Non ci guardiamo neppure negli occhi. Abbiamo lasciato un passato, il nostro passato, senza conoscere il futuro. Cerchiamo d’affondare le speranze nelle nostre raidici: volti, voci,madri, padri, mogli,mariti, figli…lasciati alle nostre spalle, per non rischiare, ma forse rischiano più di noi che senza saper nuotare affrontiamo il mare. Ci hanno detto che andremo a nord, ma cos’è il nord? La luce di quella stella luminosa? Una convenzione? Una speranza? Un’incognita? Non è amico il mare, s’ingrossa, quacluno vomita dai parapetti ormai marci dal sale. Ora qualcuno urla, qualcuno prega… Son 3 giorni che navighiamo… poca acqua, qualche panino secco… niente servizi… il sole quando si alza, brucia anche la nostra pelle. Non si vede la meta… Ci chiamano migranti, profughi, clandestini… ma siamo solo uomini in cerca qualcosa di meglio, di un futuro. Ci accontenteremo delle briciole che cadranno dalle tavole di chi non avremo il coraggio di guardare in viso. Nessuno ci darà quella dignità che perdemmo ancora prima di partire. Un rumore, una vedetta…. ci scortano, forse non moriremo in questo mare anche se dentro siamo già morti, ci siamo venduti l’anima per un viaggio senza conoscerne la meta. Alzo lo sguardo, anche se non è ancora agosto, vedo la mia stella cadente…
Preoccupazione emozionale
Si legge e si sente in giro grande “preoccupazione” per il discorso sul nucleare dopo quello che è successo in Giappone. Per carità, ognuno è libero di pensare e anche di non pensare. Però vorrei fare qualche riflesione che vada “oltre” la “preoccupazione emozionale”. Come già detto non penso che i Giapponesi siano così “stupidi” di costruire 53 centrali nucleari (non 3… ma 53) sul suo territorio (altamente sismico e non molto più grande dell’Italia) senza prendere le dovute precauzioni. E’ ovvio e sotto gli occhi di tutti che il sisma giapponese è un evento fuori dal comune e che sicuramente ha creato danni speriamo “riparabili” ad una delle su centrali. E’ ovvio e sotto gli occhi di tutti che la centrale non ha retto all’urto del sisma e che ora “c’è” paura. Non lo nego ma non dico che “se lo sono meritato” o, come ho letto in giro, hanno voluto il nucleare e ora “fatti loro” e fortuna che “sono lontani”. Penso invece sinceramente che “bisogna guardare oltre” o, forse indietro. Già, indietro… e poi manco di tanto. Un annetto, anche meno. Nessuno si ricorda ORA cosa è successo nel golfo del Messico? Ma si, abbiamo la memoria corta… Eppure c’è stata una catastrofe ambientale e non solo di cui si è già smesso di parlare, è stato “Messo il tappo”, operazione finita! Ma tutto quel “mare di petrolio” nell’oceano, sappiamo che danni ha causato? Se e come si è sparso nel mondo, se e come “ci tocca”? E dei morti negli anni (o secoli) nelle miniere di carbone? Già, ma il “nucleare” fa paura… e allora SI ALL’ENERGIA PULITA, per esempio quella idrica…. ma nessuno si ricorda del Vajont? Secondo me va inteso chiaramente e distintamente il RISCHIO EFFETTIVO dalla PERCEZIONE DEL RISCHIO. Ora la percezione del rischio è alta, perchè è appena successo, perchè l’idea di energia atomica è ancora legata alle bombe nucleari, perchè forse è una energia “complicata” che si conosce poco… Però dobbiamo metterci in testa che il petrolio più o meno a breve finirà e allora “che faremo”? Abbiamo paura dei morti che POTREBBERO esserci per il nucleare ma non parliamo mai di quanti morti all’anno ci sono per le polveri PM10. Ora non voglio assolutamente dire che il nucleare è sicuro ma che, forse, nessuna fonte alla fine lo è (direttamente o indirettamente), e poi abbiamo centrali in Francia, Svizzera e Germania e quella energia la compriamo (per esempio dalla Francia). Altri discorsi sono sulla gestione delle scorie, perchè “se non riusciamo a tenere pulita Napoli, che ne faremo delle scorie”? Ma qui forse non è anche “colpa nostra”? Che non siamo capaci di fare valere i nostri diritti e non adempiamo ai nostri doveri? O che comunque e quantunque ci fidiamo e diamo potere a chi “non fa le cose per nostro interesse”? Sapete benissimo che non mi piace parlare di politica e non vogliatemene, vorrei non aprire questo discorso in termini politici, ma solo vorrei lasciare una riflessione “distaccata” da ciò che sta succedendo nel paese del sol levante, poi ben vengano le discussioni su “nucleare si o nucleare no” ma esclusivamente in termini di problemi reali e oggettivi e non su quello che potrebbe succedere, perchè allora – scusatemi tanto – non dovremmo più usare la macchina (ha un serbatoio che puo infiammarsi o, in alcuni casi, sono addirittura A GAS) perchè quanti morti ci sono al giorno sulle strade? Nemmeno usare le bombole del gas in casa e nemmeno il gas “nei tubi” e, forse, non andrebbero bene nemmeno le stufe a legna… non si sa mai… un tizzone…potrebbe dare fuoco a tutto!!!! Per non parlare dei disastri aerei o navali…. insomma…il “rischio” c’è sempre, anche di cadere e sbattere la testa…
uno cinque zero
Ricordiamoci sempre di essere Italiani e non solo ogni quattro anni… Ricordiamoci sempre che la nostra forza sta anche nella nostra diversità Ricordiamoci sempre che c’è chi ha versato sudore e sangue per renderci Nazione e per fare in modo che questa restasse unita, contro il terrorismo, le mafie, che pensano che “divisi è meglio”. Ricordiamoci sempre che abbiamo tanti dialetti ma una sola lingua. Ricordiamoci sempre che la nostra amata Italia è la nazione col maggior numero di siti inclusi nel patrimonio dell’umanità. Ricordiamoci sempre che il VA PENSIERO non è un inno padano ma un patrimonio mondiale. Ricordiamoci di vivere da italiani e non solo ricordarcene in giorni come oggi.
.. …
In un giorno di pioggia, immagino un arcobaleno ad unire 2 fiumi. Sponde diverse ma uguali si uniscono. Mani si tendono. S’insinua la voglia di non mollare, rimanere aggrappati anche alle parole. Seguo l’arcobaleno, restando verso terra…. salto tra i miei colori, pitturandomi il viso. Penso… Sorrido… Odoro l’aria.. Vivo… Salsedine sulla pelle…. orme impresse nell’anima
Si rincomincia
E si rincomincia, dopo esattamente 45 giorni torno in ufficio ma non nell’ufficio dal quale ci siamo “visti” negli ultimi 3 anni. Già so che sarò vicino ai 2 capetti, che il lavoro sarà più frentico, ma che sarò più vicino a casa, che la moto non avrà un posto al coperto, che il caffè sarà quello delle macchinette, che (conoscendomi) torneranno i mal di stomaco e i mal di testa, che non potrò controllarmi le mail, che tutto sarà più controlato, che (forse) avrò più vita sociale…. Lo ammetto, un po’ di delusione c’è… ma cerco di non fermarmi alle apparenze e di andare con lo spirito di chi cerca sempre qualcosa di positivo. Un ringraziamento particolare a chi si è ricordato e mi ha fatto gli in bocca al lupo…. It’s Time!
Noi, poveri “ragazzi” degli anni 80 e la tv – prima parte
Oggi, vorrei iniziare a parlare della mia generazione. Quella nata sul finire del boom economico italiano del secolo scorso, che ha passato l’infanzia nella “crisi” degli anni ’70 e l’adolescenza e la giovinezza negli anni ’80. Quella generazione che è “nata” assieme alla televisione in tutte le case e che ne ha visto il passare dal bianco e nero al colore. Già, la televisione…. ma vi rendete conto di quanto abbia potuto “traumatizzare” e indirizzare male? Già dal mattino ci facevano prima vedere un immagine più o meno come queste: Con un BIIIIIIIIIIIP di sottofondo continuo e fastidiosissimo, per poi ipnotizzarci con video in loop dell’apertura delle trasmissioni: Immagini fisse e colorate… poi “loop” di disegni geometrici… che fosse tutto organizzato da qualche “ipnotizzatore”? Poi, spesso partiva un filmato, sempre e solo musicale, dove ci venivano raccontate varie scene esterne di una famiglia, io ricordo la visita allo zoo… Infine, se tutto andava bene, iniziavano finalmente le vere trasmissioni, a meno che non partisse l’immancabile “intervallo”: Musiche rilassanti, certo, ma che a noi bambini facevano restare come “ebeti” in attesa di quello che veniva dopo…. E cosa veniva dopo? Ma i cartoni animati! E qui si apre un mondo a se’ stante… Heidi: sfortunata bambina rimasta orfana che vive col nonno in una baita e a cui “le caprette fanno ciao”, che ha come amici “mu mu, cip cip, be be”, che vive dove la “neve candida come latte di nuvola”, che canta lo jodel col suo nome: “Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi – Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi -Ho-la-lai-di, Lai-di, Lai-di, Lai-di, Ha-ho” e che si fa i “trip” sulle nuvole: Remì: Altro bambino sfortunato, che va in giro per il mondo suonando l’arpa e facendo ballare “la scimmietta e il cane”, non ha una casa ma a cui basta un pote, e chissenefrega se non mangia, l’importate è stare in compagnia!! Candy Candy: altra bambina sfortunella che però è allegra, simpatia, zucchero filato, che non è mai sola nemmeno nella neve più bianca e alta (come latte di nuvola???), che gira sempre col suo gatto…e che, assieme a Georgie (che corre felice nel prato…) ha sdoganato il rapporto incestuoso tra fratelli (la prima che è interessata a Terence il quale sembra però più interessato a Antony – non poteva mancare l’omosessualità – mentre la seconda viene “scaldata” dal corpo del fratello sul suggerimento dello zio…). La lista però DEVE assolutamene continuare: che dire di Pollon, la figlia di Zeus prima pusher dichiarata che andava in giro a dispensare una polverima magica che sembra talco ma non è serve a darti l’allegria? Se lo lanci o lo respiri ti da’ subito l’allegria??? E che dire di Spank? Cane innamorato di una gatta? E di Lady Oscar, prima trasgender mondiale e anticipatrice delle donne nell’esercito? Questa tipetta il cui padre voleva un maschietto è diventata nientemeno che capo (non capa!!!) delle guardie reali, Altro che drag queen o Vladimir Luxuria! Nello stesso filone non va’ però dimentico/a RANMA cui bastava dell’acqua per passare da uomo a donna…. Se prima abbiamo parlato di omosessualità maschile, per par condicio dobbiamo ricordare Sailor Moon che ci ha fatto conoscere con largo anticipo le coppie di fatto (Sailor Uranus e Sailor Neptune). Capitolo a parte per Puffetta, unica fanciulla in mezzo a una miriade di omini blu… un inno alla promiscuità, chissà chi saranno i padri dei baby puffi!!! Altra menzione speciale va fatta per tutti quei cartoni che “incitano” alla violenza sulle donne: “Mimi’”, Jenny la tennista”, “Maya” che, più o meno volontariamente venivano vessate e maltrattate da allenatori, compagni, registi… Ma per concludere questa prima parte, vorrei segnalare l’incubo dei maschietti: Venus e i suoi missili fotonici, potete capire il “trauma” nel vedere cosa erano e da dove partivano i missili? Trauma superato (a aumentato) abbondantemente anni dopo con l’avvento di …ma questa è un’altra storia e soprattutto un’altra puntata…. P.s. Potete ora iniziare a capire perchè la mia generazione è così “complessata”??? つづく
Sono vecchio?
In questi minuti mia figlia inizia la nuova avventura della scuola primaria di secondo grado. Stamattina al suo risveglio l’ho vista spaesata. E’ tutta estate che cerchiamo di farle capire che sicuramente sara’ un cambiamento non solo “fisico” di scuola ma anche ti tempi, modi, ritmi, insegnanti, compagni…. ma ovviamente senza “provare” non se ne puo’ rendere conto. E d’un tratto l’ho vista “bambina” che vuole fare la grande e…”grande” che vuol essere ancora bambina. E io nonostante abbia 38 anni mi son sentito “vecchio”. Vecchio perche’ di media gli altri genitori dei compagni di mia figlia sono piu’ “anziani” di me (lo e’ stato finora sia all’asiilo che al “primo grado”), vecchio perche’ lei cresce…con le gioie e i dolori della crescita, vecchio perche’ “la mia scuola” era diversa nei tempi e nei programmi, vecchio perche’, forse, essendo figlia unica non ho forze “fresche” a tenermi occupato. Vecchio perche’ in fondo in fondo, come tutti i genitori, voglio il suo bene e il meglio per lei e mi sento come probabilmente si sentivano i mei genitori… che sicuramente hanno riposto sulle mie spalle le loro aspettative e i loro sogni, che magari anzi quasi sicuramente, non erano i miei ed io, seppur voglio evitare questa cosa, mi perdo a pensare cosa mi piacerebbe lei facesse nella sua vita, spesso dimenticandomi o volendo dimenticare che e’ la sua e non la mia vita. E continuo a chiedermi… “sono vecchio?” o semplicemente “genitore”?
Un lustro…una vita…
Spesso non ci accorgiamo di quanto ci “leghiamo” alle persone. E di quanto le persone in un lasso di tempo relativamente breve ci possano “entrare” in profondo. Oggi mia figlia ha finito le elementari. Fine di un ciclo. Cambio di velocità. Inizio del “diventare grandi” ma… ieri al “saluto” alla sua maestra per 5 anni che tra l’altro andrà in pensione alla fine del mese… sembrava una fontana. Un pianto a dirotto, con singhiozzo. Un pianto “vero”. Mi ha fatto tenerezza e mi ha fatto venire magone pure a me. E ho iniziato a pensare a quanto mi è rimasto dei miei “maestri”. La “mia” maestra delle elementari… donno siciliana che amava il suo lavoro e si vedeva. Poi un vicepreside alle medie e 2 professori alle superiori: Italiano e Tecnica. Persone che hanno lasciato qualcosa “oltre” alle semplici nozioni. Persone che avrei piacere di incontare di nuovo e che se tornassi indietro vorrei conoscere e capire di più. E allora ben vengano le lacrime… che ci fanno ricordare ancora di avere emozioini… e di essere vivi. Anche se … sono lacrime “giovani” che semplicemente vorrebbero dire “ti voglio bene”.
Senza senso
Sensa senso e senza direzione. Potrei definire cosi’ la mia permanenza qui. Cerco di donare pensieri, emozioni, sorrisi, magari anche lacrime: reazioni a quel che sono e quel che scrivo. Contornato spesso da silenzio, come goccia scavo nella roccia del mio essere. Buco nero da cui nasce o muore la voglia del mio vivere. Spazio, vago, gioco con parole, suoni e colori. Creo qualcosa che esiste gia’, solo che non ha materia, irraggingibile dai 5 sensi, e’ irrazionale come forse lo son anche io. Senza direzione e sensa senso, torna la domanda del chi sono e cosa voglio o forse semplicemente vivo.
A.M.O.R.E.
E’ il senso di una parola, o l’essenza del sentimento? ~ Dire o non dire resta inutile quando basta uno sguardo o una carezza lungo la schiena. A volte, la parola, e’ bisogno sensoriale, per non far restar solo l’udito.
Forse di piu’…
Una mattina come tante altre: la sveglia che suona, bagno, colazione, lavoro… Solita vita, soliti dejavu quitidiani. Cambiano le macchine che incontri sulla strada o i colleghi che incontri davanti al badge, ma non cambia la sostanza: Pc, telefono, fax, mail.. nessuna “botta di vita”… nessun colpo all’anima. Cerchi qualcosa per darti una spinta, un po’ di voglia, un polase per il morale, un multicentrum per lo spirito ma…nulla!!! Il cellulare ti vibra in tasca, “ecco – pensi – ci mancava qualcuno che rompe“. Un messaggio, anzi un mms. Una foto, un oggetto che tu ben conosci… appoggiato su un comodino, poche parole: “E’ sempre qui sul comodino, ogni tanto lo prendo in mano e mi ci ritrovo”. Di colpo vedi il sole oltre le nubi, la pioggia da acida diventa dolce, un sorriso da ebete ti si stampa sul volto, tanto che i colleghi ti chiedono se va tutto bene. Ti alzi, vai a prendere un caffe’ della macchinetta e ti sembra quello fatto nel migliore bar della citta’. “Allora… a qualcosa e’ servito” e’ l’unico pensiero che ti frulla per il cervello. Torni alla tua postazione e le mail ti sembrano poche, il telefono non e’ nemico, il pc diventa compagno di condivisione e non piu’ compagno di sventura. Sai che questa senzazione durera’ poco, sai che tra poche ore tutto sara’ tornato normale, ma un messaggio ti ha riportato un po’ di quella voglia che ormai pensavi perduta, pero’ ti porta ancora a fare qualche progetto, che sicuramente accantonerai, ma la scintilla scocca….. potere di un messaggio…forse di piu’ che un abbraccio
La forza della decisione
Si alzo’ nel momento in cui non ebbe piu’ lacrime da versare, la caduta ormai era finita, facendola arrivare a raschiare il profondo dell’anima.
Un bivio, una scelta, una moneta da lanciare in aria: se viene testa….
Ma in cuor suo aveva gia’ deciso, la sua scelta, in fondo era una scelta d’amore per se, per lui…per la propria e altrui vita.
Ci sono sere che
Ci sono sere che vivi da eterno insodisfatto. Sembra che aspetti qualcosa..che forse non sai nemmeno tu: un gesto, una carezza, confronto, sesso, parole, una mano tesa, uno sguardo. Arrivi a casa, ti metti in attesa, pensi e magari sogni. Ti sdrai nella penombra, liberando la mente… Aspetti…aspetti… aspetti.. si ma “cosa”? Ti chiamano, ti alzi. “Senti non e’ che…?”, “Mi puoi…?” “Riesci a…”? No.. non e’ questo quello che cerchi. Suona il cellulare, “volevo avvisarti che l’impegno e’ saltato”, come al solito all’ultimo momento, poco male, resti a casa ma non e’ quello che cerchi. E’ l’ora di cena, mangi, di gusto, ti abbuffi pensando che fosse quello il desiderio, un buon pasto; ma non e’ quello che cerchi. E via cosi’, per tutta la sera, tv, musica, pc… non va “bene” niente, non e’ quello che cerchi. Ci sono sere che vivi da eterno insodisfatto. Sembra che aspetti qualcosa..che forse non sai nemmeno tu: son quelle sere che non ti resta che abbracciare il cuscino, raggomitolandoti nel letto, cercando di trovare almeno il tuo calore.
Avatar.
Official Avatar Movie Finalmente ieri sera son riuscito a vedere Avatar, il film in 3d ed ora vorrei fare le mie considerazioni. Premesso che vorrei rivederlo (sempre in 3d) per poter essere meno attento alla “storia” e magari gustarmi particolari che mi son sfuggiti, devo dire che il lavoro tecnicamente e’ davvero ben fatto. La trama invece e alcune trovate sanno di “gia’” sentito. I robot mi ricordavano quelli di Matrix, cosi’ come Pangea mi ricorda un libro di Asimov e l’happy ending sembra quello delle favole. Ma non e’ questo che mi ha colpito. Ci sono due cose fondamentali che secondo me valgono la pena di essere riprese. Il “contatto” uomo/natura che nel film e’ ben esemplificato dall’intrecciarsi di “fibre” con gli animali e le piante e il “vedere” l’altro. L’uomo e’ a contatto con la natura, con la “madre terra” e l’uomo puo’ disporre della natura, usarla, “comandarla” ma sempre rispettandola. C’e’ questo contatto e va mantenuto, ad ogni costo. Contatto e Rispetto. L’uomo e’ anche circondato da suoi simili, noi siamo abituati a guardare gli altri uomini ma non a vederli. Non li vediamo perche’ “non simili a noi”, o perche’ “estranei” alla nostra societa’. Pero’ a volte ci possiamo “accorgegerei” della presenza di qualcun’altro “uguale” a noi e “vederlo”. “IO TI VEDO” e’ la frase che usano. Ti vedo come persona, come uguale ma diverso da me. TI VEDO perche’ TI CONOSCO e TI RICONOSCO. TI VEDO perche’ in te mi RIVEDO. No, non ti guardo ne’ osservo piu’… ma TI VEDO.
Un articolo della Ginzburg del 1988
Un argomento ancora attuale: Il crocefisso nelle scuole (e negli uffici pubblici). Trovo particolarmente interessante queste argomentazioni a cui penso che ogni mio commento sia superfluo: “Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della scuola. Il nostro è uno stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso. La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocefisso dalle pareti della sua classe. Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Ora si sta battendo per poterlo togliere di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro Paese. Per quanto riguarda la sua propria classe, ha pienamente ragione. Però a me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza. I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, e questo è un problema da nulla. E’ vero. Pure, a me dispiace che il crocefisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato. Ogni imposizione delle autorità è orrenda, per quanto riguarda il crocefisso sulle pareti. Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo. Un insegnante deve poterlo appendere, se lo vuole, e toglierlo se non vuole. Dovrebbe essere una libera scelta. Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini. Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocefisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire. Il crocifisso in classe non può essere altro che l’espressione di un desiderio. I desideri, quando sono innocenti, vanno rispettati. L’ora di religione è una prepotenza politica. E’ una lezione. Vi si spendono delle parole. La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici. Perchè vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla. Tace. L’ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell’ora e quelli che si alzano e se ne vanno. Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo forse smettere di dire così? Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. E’ muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte dei muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa dì particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea dei prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto “ama il prossimo come te stesso”. Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell’indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l’esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo abituati a veder
Che abbia preso il volo?
Dicono si sia persa una mattina di pioggia su una spiaggia. Le orme si sono interrotte sul bagnasciuga…. che abbia preso il volo? Viveva solitaria cibandosi di pesce e di quei pochi ortaggi che trovava nell’orto. La potevi scorgere ogni pomeriggio sul suo scoglio, a contemplare il mare, a leggere o a nuotare. A volte si mischiava alla gente per raccogliere conchiglie con cui faceva collane e bracciali da sistemare su un banchetto improvvisato alla sera nella piazza del paese, ma più che vendere questi oggetti li regalava alle bambine che le rivolgevano un sorriso, Un poco “orsa” e un po’ “gabbiano” portava sempre uno strano cappello viola, simile a una coppola e tra i capelli una margherita. Saggia, fino ad essere chiamata strega, conosceva la vita e forse per questo la rifuggiva, donava i suoi consigli ma non sempre li viveva personalmente. Dicono si sia persa una mattina di pioggia su una spiaggia. Le orme si sono interrotte sul bagnasciuga…. che abbia preso il volo? Magari la vedremo tornare in volo dall’orizzonte, perché comunque lo sappiamo, a volte dopo la pioggia l’arcobaleno arriva!
Pensieri di una madre
Ecco, ci risiamo, pensò Clara. E’ arrivato un altro weekend e sono ancora qui sola a guardare la finestra. Mio marito sono mesi che è all’estero per lavoro… orami è un matrimonio telematico e mio figlio? perchè ho un figlio? Si.. dal lun al ven mattina poi…è già tanto se si ricorda di mandarmi qualche sms. Eppure ormai è grande… Discorsi, parole, lotte. E’ un combattimento continuo. Vivo in una prigione dove le mio ore d’aria sono i minuti, il tempo di una sigaretta. Cuoca, cameriera, lavandaia, stiratrice, bancomat… sono solo questo? Inizio ad essere stanca, stanca di questi mulini a vento e il vento mi soffia in faccia. Mi piacerebbe prendermi anchio le mie libertà, libertà da madre… fregarmene…come fa lui… come fa l’altro. E’ passata la mezzanotte… non è più la “mia” festa…ma che avevo da festeggiare? Mi hanno fatto più festa i pesci quando ho dato loro “la pappa”… sembrava mi aspettassero…almeno loro. Sono stanca.. stanca.. stanca…stanca di combattere per amore. Già per amore…. combatto per amore…mi rassegno.. sotto questa luce non smetterò mai di combattere… Vado a letto ma non dormo… Una chiave nella porta… mi giro… giocando con una ciocca di capelli… mi addormento… L’ultimo pensiero? Mancano 5 giorni a venerdì… Buonanotte Clara… che sia una dolce notte. Continua a spargere i tuoi semi… ora stai vedendo solo quelli marciti, o non sbocciati… e non sai se e quando sarà il tempo del raccolto. Non smetterai di combattere… finchè avrai fiato e finchè ti batterà il cuore. Tenderai ancora la tua mano… e ti dimenticherai ancora di te…
Arcobaleno nel cuore
Ognuno di noi ha un arcobaleno nel cuore. Spesso però noi guardiamo in bianco e nero. Il grigiore delle nostre città ormai ci impedisce di assaporare il gusto dei colori. A cercare bene invece l’arcobaleno c’è, e possiamo anche percorrerlo, salire i suoi gradini per poi ridiscenderli, per cercare il nostro tesoro. Ho camminato sul mio arcobaleno, sporcandomi i piedi… Ho lasciato impronte rosse: amando e combattendo. Ho lasciato impronte arancio: desiderando e ricercando. Ho lasciato impronte gialle: sfidando e scoprendo Ho lasciato impronte verdi: sperando e perseverando Ho lasciato impronte azzurre: sognando e comunicando. Ho lasciato impronte indaco: immaginando e riflettendo. Ho lasciato impronte viola: trasformando e aprendomi al Cielo. Perennemente alla ricerca di qualcosa, in attesa di arrivare alla meta. Orme lasciate ogni giorno, ogni momento, chiodi battuti nel muro della vita. Sono arrivato alla fine e mi son ritrovato a tornare indietro, scoprendo che il vero tesoro è quello che abbiamo, che siamo: uomini che sanno ancora guardare al cielo, ricercando il proprio arcobaleno per incastrarlo nel cuore.
Rispetto
Porta rispetto! Quante volte abbiamo sentito queste parole…Rispetto per gli insegnanti, per i genitori, per il datore di lavoro, per gli amici, per le donne in stato interessante, per gli anziani… Ma il rispetto va dato a TUTTI, indistintamente. O almeno andrebbe dato a tutti. Io rispetto chi ho davanti in quanto UOMO (Essere vivente) e non per quello che “rappresenta”. Se davanti a me non ho un UOMO…. allora potrebbe venire meno anche il rispetto. Non porti rispetto perchè ho davanti una persiona anziana, una mamma, una donna o una figura religiosa, al massimo posso avere più accortezza nei loro confronti, più attenzione, più riguardo. Mi deve portare rispetto perchè sono più anziano, perchè sono donna, perchè sono madre, perchè sono “qualcuno”.E che ci azzecca? Se sei una persona cafona, insulsa, arrogante, che rispetto ti devo? Dimostrami che meriti rispetto per quello che sei…. non per quello che “il mondo” vuole che tu sia.
Fantasmi Metropolitani
Li incontro tutti i giorni, ai soliti posti ai soliti angoli. Camminano trascinandosi dietro una valigia di sogni perduti, occasioni buttate, coincidenze mancate. Li ho visti in aeroporto aspettare voli che non partono mai, sdraiati sulle poltroncine per tirare mattina, sulle panchine delle stazioni a guardare il tabellone delle partenze e degli arrivi, vagare sui mezzi pubblici cercando calore, raccogliere cicche di sigarette per fumarsi un po’ di tempo, cercare giornarli per coprirsi e qualche avanzo dai cestini. Uomini e donne a cui è passata la voglia anche di parlare, raccontarsi. A volte ti chiedono un caffè o una sigaretta, senza mai guardarti negli occhi, senza mai sentirsi uguali, ma anche loro hanno una dignità, non ti chiedono mai soldi o favori. Sanno di vivere a margine, sui marciapiedi o semplicemente un’altra vita, a volte cercata e voluta, a volte costretta. Carrelli pieni di ciò che resta dei loro ricordi o di quello che serve per vivere. Vivere… Se questo è vivere. A guardarli mi torna in mente la poesia se questo è un uomo di P. Levi. Si, sono uomini, persi nei loro pensieri, nelle loro storie. Amano, sognano, ridono, piangonono. Ci comunicano quello che sono anche solo tramite i loro occhi, attendendo qualcuno che tenda una mano. Fantasmi metropolitani, ad accompagnarmi nella notte…
A volte basta una spinta per accorgersi di saper volare.
A volte basta una spinta per accorgersi di saper volare, siamo troppo abituati a guardare la terra e i nostri piedi e non siamo più capaci di perderci nel cielo. Gabbiani con le ali rattrappite, fenici incapaci di rinascere dalle ceneri. Abbiamo perso l’abitudine al volo, anche col pensiero, ci si stanno rattrappendo le ali e le idee.Viviamo senza sapere più rischiare, osare, sfidare, lanciarsi, scoprire. Non sappiamo più nemmeno guardare le stelle e cercare la nostra stella polare che ci possa indicare la via. Restiamo con le chiappe appoggiate al terreno e siamo anche capaci di lamentarci che e’ freddo. Ammiriamo e additiamo chi anche solo per poco prova a spingersi oltre, a sollevarsi; anche solo chi e’ in piedi ci pare un gigante. Strisciamo come vermi alla ricerca di umidità, evitando la luce del sole. Non ho piu’ voglia di fare parte di questo mondo sociale, non mi sento piu’ conforme. Voglio aprire ancora le mie ali, perdermi nelle correnti e sentirmi ancora Jonathan Livingston perdendomi nell’infinito tra cielo e mare, voglio ancora emozionarmi per una rosa e lasciare il ricordo del colore del grano a qualcuno, voglio trovare di nuovo la mia fanta imperatrice e darle il nome che serbo nel cuore, voglio ancora inseguire una tartaruga e recuperare il mio tempo, voglio abbandonare il paese dei balocchi e staccare i fili che fanno muovere questi miei arti di legno, nuotare nella terra e camminare sulle acque, passare attraverso i muri, buttare il cuore oltre l’ostacolo, innamorarmi di una principessa e sconfiggere il drago. Spinto oltre il precipizio, ho allargato le ali e mi son accorto di saper volare. M’innalzo sopra le teste di chi non alza gli occhi a guardare, restando chino, perso nel mondo materiale: soldi, apparire, successo. Depositerei su di loro guano, se non fosse sprecato. Grazie a te, viandante nella nebbia, per quella spinta anche se e’ più lontano, ora l’orizzonte ha trovato un nome: esistere.
…Amicizia?
Rimase intenta ad ascoltare le sue parole. Seduta in riva al mare, faceva tesoro di ogni sillaba pronunciata. Pensieri si accavallavano nella mente, un misto tra stupore, rabbia, gioia, rispetto e ammirazione. “Una vita raccontata in cinque minuti” – le disse – che poi divennero ore. Racconti di episodi lontani impressi nella mente. VIVI, presenti. Attimi anche difficili, terribili, duri: morte, vita, rassegnazione, fallimento, forza, costanza, rinascita, accettazione, ricadute, riprese… Un quadro a colori dietro una lastra grigia… sprazzi vivi in un contesto monocromatico. Non riusciva a parlare, ogni parola sarebbe stata superflua, inutile. Assaporava quell’attimo in cui il tempo sembrava essersi fermato e, come in un film, riusciva quasi ad essere protagonista condividendo quegli attimi non suoi, librandosi in volo con la fantasia. Visse la sua rinascita, la sua “fenice”. Ne fu’ felice. Si ritrovo’ serena, si accorse di aver ricevuto tra le mani una parte della vita di un’altra persona e capi’ di aver condiviso parte dell’anima. L’abbraccio’, un bacio in fronte, a voler ringraziare del dono. Poi in silenzio guardarono il tramonto, con la consapevolezza di aver posto alcuni mattoni per quella che potrebbe chiamarsi Amicizia.
Shhhh, silenzio!
Abbiamo tutti in fondo bisogno di ascoltare il nostro silenzio. Forse pochi lo ammettono ma prima o poi, quello che i “nonni” chiamano esame di coscienza, ci “tocca”. Magari non tutte le sere prima di addormentarsi, quando la vita diventa sogno e il sogno prende vita, magari non davanti a fatti eclatanti che possono sconvolgere l’esistenza, pero’ arriva il momento di cercare, deisderare, pretendere, di ascoltare il proprio silenzio. Siamo sempre tutti pronti a commentare, additare, giudicare gli altri, ma quanto e’ difficile farlo con noi stessi? Un “gioco” che mi e’ sempre piaciuto fin da bambimo e’ quello delle “scommesse/penitenze”, primo per la sfida in se stessa, secondo per la sana e naturale competizione che avviene quando c’e’ qualcosa in palio; bene, dicevo, che fin da piccolo quando, in caso di vittoria, dovevo decretare la penitenza di qualcun’altro veniva fuori il massimo della mia perfidia: “La penitenza? Trovatela da solo”. Gelo, freddo… la persona che avevo davanti si trovava e si trova tutt’ora spiazzata, scegliersi la penitenza e’ ancora piu’ difficile che farla! Se si sceglie qualcosa di semplice, in cuor proprio si sa che non e’ una vera peniteza, scegliere qualcosa di estremamente duro mica e’ facle. Che c’entra tutto questo col discorso? Semplice, anche in quel caso bisogna ascoltarsi. Non si puo’ mentire a se stessi, non ci si riesce… e’ impossibile. E’ proprio verso noi stessi che le nostre critiche diventano ancora piu’ pesanti, feroci, taglienti. Non ci sono maschere, non ci sono balle da raccontare. Il nostro essere parla di noi. Eppure arriva quel momento, quell’attimo in cui ognuno di noi cerca il silenzio! Abbandonato in riva al mare resto zitto ad ascoltare la natura: le onde scivolano lente a intervalli regolari, un gabbiano garrisce volando, una barca a motore si allontana verso l’orizzonte, il vento agita i rami facendo sentire il suo fruscio, dei bambini ridono sulla sabbia. Sento il battito del mio cuore e il mio lento respiro, ho quasi la sensazione di sentire pure i pensieri formarsi. E l’anima grida, in silenzio. Pretende attenzione, la mia! Quante cose ha da dirmi, o da ricordarmi. Chiudo gli occhi, sembra notte. Mi affronto in questo improvvisato ring senza arbtro, spettatori, non ho nemmeno nessuno all’angolo. Mi affronto allo specchio, ogni mossa rifatta uguale e contraria. Mi attacco se attacco, mi difendo se difendo. Nudo verso la meta, alla ricerca della mia assoluzione. Deserto Quanto è difficile silenziare, rimanere in presenza di se stessi, affrontarsi! Quanto è bello scontrarsi con il nulla, con sé; quel silenzio irreale, freddo e caldo allo stesso contempo. Silenzio, lasciatemi qui nel mio Deserto. 14/12/1989 Shhhhh, Silenzio…. Non ho ancora finito di parlarmi e ascoltarmi, ascoltando il silenzio e penso che mai smettero’ di farlo. L’uomo, perennemente insoddisfatto e costantemente alla ricerca di qualcosa; eppure quelle onde, quel gabbiano, quella barca… non sono gia’ tutto? O quasi?. Pensieri che si attorcigliano e si accavallano. L’uomo, unico essere dotato di intelletto, è il primo essere a spezzare il perfetto equilibrio del mondo e, bene o male, anche io sono un uomo… Prima foto: da www.nikonclub.it – foto di manuela innocenti Seconda foto da: http://www.arabia.it/
La voce del Lupo.
Passeggio nella notte senza poter ululare alla luna. Notte di sole stelle a illuminare la via. Sono un lupo solitario, per scelta, per necessità, per caso… Penso a me, al mio territorio, alla mia vita, non riesco a stare nel branco. Nel branco non si stà per scelta ma per convenienza, forse perchè l’unione fa la forza, o dona la forza. Eppure io non riesco a conformarmi alle regole, forse perchè non le accetto e così il branco non accetta me. Incrocio nel cammino altri lupi, spesso soli come me, camminiamo a volte assieme, affiancati, uniti…. a volte ci si illude che si possa “fare di più”, fose ci si illude pure di un amore; ma poi inevitabilmente ci si separa, o mi separo…. e torno a camminare solo. Sono libero, come il mio spirito. Guardo la maestra montagna, pronta ad insegnarti a non fidarti dels entiero facile, a ricordarti che la roccia può franare, che l’acqua del ruscello in piena sradica gli alberi, che non sempre in un temporale il riparo di un albero è sicuro; ma ti insegna anche il sapere aspettare, che devi spargere molti semi per vedere nascere una pianta, che anche sulla roccia più brulla può nascere un fiore, che l’acqua è forza, ma anceh gentilezza, che l’albero insicuro nel temporale ti ripara dal sole. Son salito in cima alla montagna in questa notte senza luna, a guardare l’orizzonte. Mi sento parte di questo tutto, di questo niente. Incurante del cacciatore a valle e del notturno silenzio, prima di iniziare la discesa, ululo alla vita.
Sognare e immaginare
Sognare e immaginare, facce diverse della stessa moneta o monete differenti? Per me sognare vuol dire “aspirare a qualcosa che ho nel cuore”, immaginare posso immaginare qualsiasi cosa. Posso immaginarmi capo dello stato, cow boy, donna, insegnante…. qualsiasi cosa, ma non sono i miei “sogni”… Insomma penso che posso immaginare i miei “sogni” ma non e’ detto che tutto quello che immagino sia “sogno”. O no?
Corsi e ricorsi
Gli uomini non cambiano… diceva una canzone. Ma anche le donne mica scherzano. Direi che forse nessuna persona cambia… e il tempo su qualcuno mi ha dato ragione… Ci sono persone che considerano le altre come gli strappi dell’asciugatutto in cucina… o i fazzoletti di carta o la carta igenica. Son comodi, utili… ma finiscono presto la loro funzione e allora? Beh allora si usano, finche’ si puo’ usarli, magari cercando se c’e’ ancora qualche angolino buono..o pulito e poi si buttano nel sacco nero, dicendo che non sono mai state “utili” e che da sempre non andavano bene. Auguro a queste persone di ritrovari in un bellissimo bagno, con le finiture d’oro, i marmi di carrara, oli e incensi, specchi e gioielli, giochi di luce e sfarzo. Uno di quei bagni da sogno, magari di qualche hotel arabo o di qualche sceicco, presente? Dicevo.. auguro a queste persone di trovarsi in uno di questi bagni… dove e’ quasi un piacere “farla”… e di ritrovarsi con un unico strappo di carta igenica e accorgersene dopo… Mettelela come volete… ma un po’ le mani dovrete sporcarvele! Tutto questo per dire che quando solitamente, dopo aver conosciuto, discusso, parlato, litigato con qualcuno, mi rendo conto che vale meno di un centesimo bucato e falso… e’ difficile che mi sbagli. Persone che poi, magari, fanno anche “finta” di voler riprendere i contatti, di “non portare rancore” e invece c’e’ sempre un doppio fine:”Gli amici sono amici se fanno quello che dico io, altrimenti non vanno bene” Questo e’ il loro motto anche se non lo ammetteranno mai. E invece l’amico e’ quello che ti sbatte in faccia quello che sei, che ti dice quello che pensa SEMPRE, che tiene alle tue cose come alle prorpie… solo che spesso non viene compreso e viene scambiato come quello che “vuole fare le scarpe”… che “insinua” e che “vuole distruzione”. I simili si circondano di propri simili… c’e’ chi la chiama selezione naturale, chi invece sa distinguere i posti dove “potere stare”, “poter sopravvivere” o “dover evitare”. Un consiglio.. prima di dare la mano ad una persona guardate se e’ appena uscita dal bagno e… controllatele sotto le unghie, non si sa mai… P.s. se qualcuno dovesse sentirsi coinvolto e volesse sapere se secondo me fa parte di questa categoria di persone… non deve fare altro che chiedermelo. Ma son sicuro che chi mi chiedera’ spiegazioni sara’ chi, con le persone sopra, non c’entra nulla…
Treno in corsa
Corre questo treno, corre veloce nella notte. Ci son salito neonato e non mi son mai fermato. Tutto il mondo passa dai finestrini, lo vedo, lo sfioro, ma non lo sento!. Ah, come vorrei a volte tirare il freno d’emergenza e aprire le porte, fermarmi, lasciarlo andare al suo destino, al MIO destino. Corre questo treno, carico di persone che come me si incontrano, si conoscono, si amano, si ignorano, si “vivono”. Ho messo un cartello al mio petto: “FERMI TUTTI, VOGLIO SCENDERE”, ma la gente leggendolo ride, pensa ad un gioco, ad uno scherzo. “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine …Muore lentamente chi evita una passione…Lentamente muore chi non capovolge il tavolo…Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo” (P. Neruda) E come faccio a non morire su questo treno che conduce alla morte? Non ho spazio, non ho “aria”. Eppure “sto bene” tutto e’ tranquillo, tutto e’ “normale”. Forse non son normale io, a cercare sempre di piu’, a voler vedere oltre, a lanciarmi e trattenermi… E un’altra stazione si avvicina, un altro traguardo, un’altra tacca segnata alla vita. Penso, mi domando, mi interrogo e mi sento sempre piu’ vuoto nella mia pienezza e pieno nella mia carenza. Sorrido, continuo a sorridere, non si notano “crepe” anche se l’intonaco ogni tanto cede. Sorrido, continuo a sorridere per chi e a chi mi sta accanto. Non posso e non voglio cedere. Giro il mio cartello, lo metto alle spalle e non sul petto, non lo vedo piu’ ma so che resta ed e’ parte di me.
Il suono della vita
Un suono, i tasti di un piano. Ricordi, sensazioni, emozioni… Rivivere il passato, pensando al futuro. Gli affetti più cari, che ti accompagnano nella vita, glia amici, il ricordo di essere bambini. E poi ritrovarsi… ritrovare i tuoi occhi nel futuro del tuo futuro…. Il suono della vita, tra malinconia e speranza, ricordi e sorrisi. Il suono della vita, sulle nostre dita, passando tra tasti bianchi e neri…
compassione e comprensione
Compassione: moto dell’animo che porta a soffrire dei mali altrui come se fossero propri Comprensione: capacita’ di considerare con animo tollerante i sentimenti altrui Parole simili, parole a volte abusate. NON MI PIACCIONO, specialmente in un rapporto che si definisce di AMICIZIA, e sottolinea amicizia e non “conoscenza reciproca”. Tra amici non bisogna avere compassione dell’altro perche’ a primo acchito compassione diventa un termine negativo, a meno che DAVVERO si sia talemnte amici da SENTIRE i mali (ma anche le gioie) altrui come propri e allora diventa CON PATHOS, PATIRE CON…. e vediamo come semplicemente girando le parole come ci sembra di significato diverso… Tra amici non si dovrebbe nemmeno Comprendere…. si dovrbbe gia’ sapere! Un amico considera di fatto con animo tollerante i sentimenti altrui. Ma se un comportamento o un modo di fare/pensare non mi sta bene…. dovrei stare zitto? Quando un amico fa una critica la fa costruttiva o almeno questa dovrebbe essere l’intenzione….poi il seme puo’ marcire, fare radici sulla sabbia o sulla terra fertile e portare l’amico ad avere almeno una riflessione… una idea di mettersi in discussione, a volte pero’ il seme torna indietro perche’ si scontra con un muro di gomma che lo fa rimbalzare. Ecco ancora una volta spiegato perche’ per me la parola AMICO vuol dire qualcosa… e nella mia mente bacata ho addirittura una specie di classificazione delle “persone”: indifferenti conoscenti amici e… Amici. Dove sta la differenza? in quella A maiuscola quella A che si avvicina e molto alla A di Amore…quella sottile differenza che permette di far si che tu sia disposto ad avere COMPASSIONE del tuo Amico o meglio ancora dell’uomo o della donna che ti sono davanti e che magari, di colpo si spogliano l’anima e te la fanno vedere e tu ti ritrovi pronto a “rischiare” qualcosa pur di non perdere quell’anima, ti ritrovi pronto a spogliarti anche tu…col rischio di non avere difese e affondare un colpo mortale all’altro, o riceverne uno. In tutta onesta’ devo dire che non sono poi molte le persone da cui e per cui sarei disposto di dare o ricevere un colpo mortale.
eppure e’ strano…
Si, e’ strano di come a volte (spesso?) accade che quando si parla di/a una persona questa sia l’unica o quasi a non capire, e’ strano che a volte quando si parla di altri sembri si parli di se stessi, e’ strano che capiti che quando per noi e’ tutto chiaro, gli altri vedano la notte. La pioggia che cade nell’oceano non e’ solo “acqua” che cade “nell’acqua”, anche perche’ sono acqua diverse. Quanto sara’ meno salata l’acqua del mare dopo un temporale? Ogni cosa cambia, ogni attimo cambia. Eraclito declamava il suo PANTA REI, affermando che: “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va” e il suo discepolo Cratilo si spingera’ oltre, dicendo che non solo non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, ma neppure una volta sola perche’ l’acqua che bagna la punta del piede non sarà quella che bagna il tallone. Tutto cambia, tutto si trasforma, anche io, anche voi… eppure siamo sempre noi stessi! Vediamo di cogliere sempre e comunque il positivo…. pensieri… ancora altri pensieri…lasciatemi ancora pensare… “Il pensare è il parlar da sola dell’anima.”(Platone)
Esserci o non esserci?
Spesso gli amici (e a volte anche gli Amici) ti chiedono di Esserci… di essere presente. Ma qui sorge il problema: devi esserci come vogliono loro o come “sei tu”? Io non son capace di “fingere”, si lo posso fare.. mi posso adeguare, ma non per molto. Subito o quasi subito (e chi mi conosce bene lo sa) vengo “scoperto” e allora preferisco essere chiaro dall’inizio. Se non approvo una scelta, un modo di fare anche un modo di vivere, lo dico e lo faccio presente. Posso gioire delle sue gioie e/o intristirmi delle sue tristezze, ma se non mi sento “partecipe” non saro’ mai cosi’ contento o mai cosi triste… o forse anche un po’ l’opposto. Non e’ sempre facile essere distanti e equi e non e’ nemmeno facile non dire o pensare “te lo avevo detto”. La mano, la mia mano resta sempre tesa, la disponibilita’ non cambia, ma mi accorgo che non sempre quello che ho da offrire e’ quello che l’amico o l’Amico cerca.
Solo la meta
Il fine giustifica i mezzi…. o i mezzi giustificano il fine? L’idea di "arrivare", il traguardo, lo scopo. Sogni o desideri da raggiungere. Persi nell’obiettivo distorciamo il presente, inforchiamo binocoli al posto degli occhiali. Sfocature attorno, occhi puntati alla meta ben fissa nella testa, nel cuore, nell’anima. Cavalli da soma, costretti ai paraocchi, buldozzer impazziti a schiacciare il mondo, ci perdiamo il sorriso della carezza di un raggio di sole
Neuroni
No.. io non ho neoroni. Nemmeno i soliti 2… nemmeno 1. Ho la testa piena di parole, frasi…. che si formano a caso, come immagini di un caleidoscopio.
Fantasmi
Compaiono, con frasi, battute…. mai dirette… mai "decise".Persone lontane nel tempo e nello spazio forse hanno ancora da dire.Ancora una volta mi sento di dire che io sono qui! Non mi sono mai nascosto, non ho mai lasciato "angoli segreti"…mi son sempre messo in piazza, per quello che sono… Eppure ancora compaiono Fantasmi….. e allora vado a ripescare nei ricordi… e negli scritti…. Ci ignoriamo Ci ignoriamo! Quasi per gioco… quasi per scherzo. Viviamo oramai in questa pace armata, Anche se provo a non invaderti, a non parlarti, a non sentirti, sento che tu stai provando a rubarmi: gli spazi, gli amici, il mio essere. Smettila di lanciare frecce spuntate, se devi attaccare fallo direttamente, non usare metafore, o parole ambigue… Sono stanco, deluso, arrabbiato…. vorrei cercare di reagire ma… Ma forse è meglio che continuiamo ad ignorarci. 11/12/05 … e allora… dimenticatemi… oppure non nascondetevi…. non restate Fantasmi ma siate almeno coerenti! E per tutti quelli che non sono fantasmi… scusate lo sfogo!
Pensieri strani
Passione, attrazione, infatuamento, sesso, amore… Sfacettature di una stessa medaglia? Colori differenti dello stesso ologramma? L’amore: Cuore, Stomaco e cervello? A volte penso di essere strano… a volte per me amore e’ Cervello, Stomaco, Cuore… a volte lo Stomaco puo’ anche mancare. Quando e’ vero AMORE? quando e’ solo attrazione o innamoramento? Amare, ci sono milioni di modi di amare…. i genitori, i figli, gli amici…c’e’ chi per amore ha dato la vita, c’e’ l’amore per il compagno o la compagna, per lo sposo o la sposa, l’amore per la vita, l’amore per la musica, per l’arte, l’amore per gli animali, per la lettura…. Forse semplicemente abusiamo della parola Amore? Pero’, parlando di amore torno spesso a pensare che, per me, spesso tutto deve partire dalla "testa"…. le farfalle a volte "non si sentono"… il cuore si, si gofia, accelera ma non basta. Mi sto quasi convincendo che, almeno per me, molto spesso parte dalla "testa". Ho fatto "l’amore" senza avere soddisfazione perche’ non mi son sentito anche "unito nei pensieri" ma solo nel corpo… e magari ho avuto "reazioni" solo trovandomi "in sintonia" perfetta con chi mi era vicino. No, non sono mai arrivato al culmine, ma son convinto che, concedetemi la battuta, dalle parole (anche non parole "d’amore) si fosse passati ai fatti in quei momenti, sarebbe stata una unione perfetta. Pensieri strani, pensieri mattutini di un giorno che non ha ancora decsiso se regalare pioggia o sole.